Invidia … Che invidia!
Chi gioca a pallone fa parte della categoria piu’ invidiata al mondo, chi lo fa da professionista vanta una buona dose di gente che lo ammira ma al tempo stesso lo vorrebbe ‘fatto a pezzi’. Per non parlare di chi è campione, praticamente non dovrebbe nemmeno uscire di casa.
Tutto sommato, allontanandomi dai loro conti in banca, mi sforzo di vedere la loro verità: intendo dire che il pubblico vive la realta’ del campo, ma dopo un’ ora e 30 minuti in cui piovono applausi, affetto, ed esaltazione, finito lo show si torna a casa a fare i conti con una casa spesso vuota. Con questo non intendo compatire e ci mancherebbe: tuttavia ho il sospetto che decidere di intraprendere una carriera, per alcuni versi complicata, implichi delle sofferenze, spesso prese di posizione subìte da parte di persone che, anche senza volerlo, in qualche modo ti sfruttano.
Già dalla tenera età, c’è un sistema che vuole trarre profitto da questi atleti in erba di cui non si sa ancora praticamente nulla, anche perché esiste una selezione durissima: chi va avanti spesso deve lasciare la famiglia. Immaginate un ragazzino di 12-13 anni lontano dai genitori, che vive in un collegio: in pochi ce la fanno, ma se ci riescono il futuro assume ben altri aspetti. In tutto questo non ci sarebbe niente di male, salvo che le squadre che si dovrebbero assumere il carico della crescita atletica e psicologica di questi mini giocatori, dovrebbero occuparsi del futuro post carriera, invece non accade così.
(immagine la repubblica)
Un esempio pratico? Bernardeschi e Dybala, due giovani aspiranti campioni – almeno così ci hanno detto – spinti in questa stagione dalla competizione fino allo spasimo. Su Dybala poi i titoloni si sono sprecati – “il nuovo Messi”,” Pallone d’Oro” ecc. ecc: un ragazzo che a ventun anni arriva nel più blasonato club italiano, vive un momento d’ oro della sua carriera e il cui talento viene accostato ai campioni piu’ forti del mondo, a lungo andare poi ci crede, per poi trovarsi in difficolta’ emotiva se le cose non girano nel verso giusto.
I giovani vanno tutelati a prescindere se diventeranno campioni o meno, e anche la carta stampata dovrebbe essere più prudente a sperticarsi in esaltazioni che si trasformano in tentativi di annegamento qualche settimana dopo – al più piccolo errore.
Dybala e Bernardeschi, considerate le loro caratteristiche, potrebbero giocare insieme e formare il futuro della Juventus, bisognerebbe investire su di loro: invece i media – e forse anche la società – hanno già decretato l’argentino una stella cadente e il toscano un grande campione, ma chi può saperlo?
Basta un “nulla” per spezzare una carriera, per rovinare una vita, è sufficiente la decisione di un allenatore mal disposto a far danni sulla crescita professionale di un giocatore, e sappiamo come certi treni passino solo una volta, perche’ l’eta’ avanza e non restituisce piu’ nulla.
La vita da Star del calcio richiede intelligenza e capacità critica che i ragazzi in quanto giovani spesso non hanno, non tutti dispongono di genitori presenti e assennati: ci sono casi in cui proprio le famiglie si caricano di aspettative vedendo guadagni stratosferici e, loro malgrado, appesantiscono il ragazzo di responsabilità che non dovrebbe avere.
L’Italia dovrebbe rivedere il sistema di reclutamento: il problema è che il giocatore dovrebbe diventare un adulto responsabile e con un futuro dopo il calcio. Proprio la Societa’ Juventus nel 2012 inaugura lo Juventus College, il primo liceo sportivo in Italia: un progetto che include un liceo scientifico di scienze applicate che esplora le nuove tecnologie di comunicazione, collegato alla formazione sportiva. In questo modo i ragazzi possono pensare ad un’alternativa, se la carriera sportiva non dovesse funzionare.
Questa potrebbe già essere un’opportunità, per aggirare quel sistema che si arricchisce sulla pelle dei giovani e dei loro genitori: i ragazzi non possono e non devono diventare polli da allevamento da usare e buttare quando non servono più.
Cinzia Fresia