È un duro. Sinisa lo è sempre stato e lo ha sempre dimostrato.
Oggi, al Dall’Ara di Bologna, si mostra per quello che è: semplicemente umano.
Sinisa Mihajlovic parla dopo cinque mesi e fa il punto sulla sua situazione. Si presenta con un berretto rosso. La visiera prova a nascondere gli occhi umidi, ma la voce spesso trema. Non riesce a mascherare ciò che è evidente a tutti. Deve interrompere spesso il suo monologo perché le parole, in certi momenti, faticano a uscire.
Mihajlovic è un duro, ma è anche meravigliosamente fragile.
Lì con lui ci sono i medici, i giornalisti e la squadra del Bologna. I giocatori gli hanno fatto una sorpresa: “Ma non dovevate essere all’allenamento? Ogni scusa è buona…” scherza il tecnico. Prende la parola il Capitano Dzemaili:
“Volevamo esserci. Dire che ci sei mancato è poco. Siamo contenti che tu sia qui.”
Sinisa si commuove in continuazione, soprattutto quando parla della famiglia: “Il grazie più sentito va alla mia famiglia, a mia moglie e ai miei figli. Aspettate…” trattiene le lacrime. Lui è un duro. “Mia moglie è stata tutti i giorni con me”, la voce sparisce. Gli occhi guardano un punto fisso:
“Mi ha dimostrato ancora una volta che sono un uomo fortunato, ma non avevo bisogno di dimostrazioni. È l’unica persona che conosco che forse ha più palle di me. Ti amo amore.”
Poi si rivolge ai figli, le labbra tremano:
“Siete la mia vita. Quando avevo bisogno di un donatore, avete accettato tutto quello che c’era da fare. Anche se avevate molta paura.”
Poi Mihajlovic torna il Mihajilovic che conosciamo, quello bacchettone. Anzi, il motivatore.
Ringrazia la società che non ha mai messo in dubbio la sua permanenza ma critica il percorso dei rossoblu fatto finora:
Non è la mia squadra quella che ho visto negli ultimi tempi. Dai miei ragazzi mi sarei aspettato di più. Sapevo che la mia situazione avrebbe condizionato la squadra, la classifica, l’atteggiamento, le partite giocate: è normale. Ma non volevo che questo diventasse una scusa. Io ho sempre fatto tutto per loro, ho lottato ogni giorno anche con 40 di febbre. Mi sono presentato in panchina. Ho fatto tanti sacrifici e speravo di vedere in campo anche i loro sacrifici ma purtroppo ho visto un atteggiamento che non mi è piaciuto. Mi ero ripromesso con la malattia di incazzarmi meno ma non ce la faccio. Io sono incazzato nero. Da oggi bisogna dare il 200% e chi non lo fa avrà problemi con me. E loro sanno che non gli conviene.
Quello che sta vivendo da quel 13 luglio è un vero e proprio inferno: “In questi 4 mesi ho pianto e non ho più le lacrime. Mi sono rotto le palle di piangere”, perché anche i duri piangono ma ammetterlo è difficilissimo.
Non mi sento un eroe, solo un uomo forte ma con le sue fragilità. Il coraggio non vince queste malattie. A tutti quelli che stanno vivendo la mia stessa esperienza voglio dire che non dobbiamo vergognarci ad avere paura o a piangere. La leucemia è una malattia bastarda. Bisogna porsi piccoli obiettivi giorno dopo giorno. L’unica cosa che non dobbiamo mai perdere è la voglia di vivere. Oggi per me prendere una boccata d’aria è diventata una cosa bellissima.
Sinisa Mihajlovic divide. Non ha un carattere facile, ne è consapevole. O lo ami o lo odi. Eppure è riuscito nell’impresa di unire ciò che lui stesso ha sempre diviso. I tifosi lo amano, la gente lo rispetta e fa il tifo per lui. Per il suo ritorno.
Domenica al San Paolo contro il Napoli di Ancelotti non ci sarà. Non gli è permesso stare né in treno né in aereo o fare lunghi viaggi in auto, stare in un posto chiuso con tanta gente o all’aperto a prendere il sole. Contro il Milan e l’Atalanta si può ancora sperare.
Noi ti aspettiamo Mister. Sotto le luci degli stadi. Sull’erbetta fresca dei campi più belli d’Italia. Lontano da ogni brutto ricordo.
Perché quello è l’unico posto che ti spetta.
Sara Montanelli