In un mondo del calcio che continua a navigare a vista e a non sapere se potrà portare a termine la stagione, in casa Milan sembra esserci una certezza: il prossimo allenatore sarà Ralf Ragnick, l’attuale responsabile dello sport e dello sviluppo calcistico del gruppo Red Bull.
Figura intrigante e accentratrice quella del ‘Porfessore’ tedesco che ha conquistato Gazidis.
L’idea dell’attuale AD rossonero è quella di affidare a Ragnick tutta la parte sportiva del Milan, a partire dalla panchina, per arrivare allo scouting e alla gestione del settore giovanile.
Le richieste dell’ex allenatore del Milan sono impegnative ma rispecchiano il pensiero di Elliot: pieni poteri per quanto riguarda la parte sportiva, budget ingente per il mercato (80-100 milioni) e uno staff tecnico scelto da lui di circa 20 persone.
Tutto è ancora confinato nel campo delle ipotesi ma il metodo di lavoro di Ragnick è questo e non dovrebbe modificarsi.
A far ricadere la scelta su di lui il grande lavoro fatto con i giovani in questi anni, comprati a un prezzo irrisorio e poi rivenduti come stelle affermate ai grandi club d’Europa.
Due su tutti: Firmino comprato a 4 milioni quando era allenatore dell’Hoffenheim nel 2011 e rivenduto a 41 milioni al Liverpool nel 2015 e Sadio Manè, anche lui preso a 4 milioni dal Salisburgo nel 2012 (quando Ragnick era il direttore sportivo) e rivenduto a 15 al Southampton nel 2014.
Certo la valorizzazione e poi la vendita dei giocatori stride un po’ con il brand e la storia del Milan, ma questa è la politica scelta dal fondo americano che sembra aver preso le redini del Diavolo.
Niente più bandiere, dopo l’addio di Gattuso e Boban sembra scritto anche quello di Maldini che non ha affatto preso bene le ultime dichiarazioni di Ragnick e ha sentenziato “prima di imparare l’italiano dovrebbe imparare il rispetto…”.
Ma il dado sembra tratto e, con la sua filosofia del lavoro, Ragnick è pronto a sbarcare nel calcio italiano. Se sarà la rivoluzione vincente o l’ennesima stagione da buttare per i rossoneri lo dirà ancora una volta il campo, l’unico giudice che conta.
Sara Montanelli