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L’Inter cade ma non precipita, a Wembley ma non all’inferno

Ha resistito 80 minuti l'Inter ma l'unica grande sbavatura la paga cara con la rete di Eriksen che riapre ogni discorso qualificazione. Il Tottenham raggiunge i nerazzurri a 7 punti ma niente è perduto: mentre l'Inter ospiterà il PSV gli inglesi saranno attesi a Barcellona

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Per correr miglior acque alza le vele
omai la navicella del mio ingegno,
che lascia dietro a sé mar sì crudele;
e canterò di quel secondo regno
dove l’umano spirito si purga
e di salire al ciel diventa degno. 

La strada che separava l’Inter da quel secondo regno era, così come l’avevamo definita poco prima della partita a Londra, più ardua che distante e a tanto così da quell’impresa tanto insperata inizialmente e diventata così allettante con il tempo, l’Inter cade sul più bello e allontana la meta.

La qualificazione che sarebbe potuta arrivare se solo si fosse riusciti a resistere, si è allontanata e la strada che conduce a lei è ardua quanto la partita di ieri sera, ma nulla è perduto e abbattersi adesso potrebbe essere letale.

Gli umori certo non saranno dei migliori, ma a consolare gli uomini di Spalletti, quelli in campo e sugli spalti (che.a detta del tecnico toscano sono il dodicesimo uomo), l’innegabile consapevolezza che, salvo il passo falso a Bergamo in campionato, le difficoltà e le sconfitte sono arrivate quasi con avversari quali Barcellona e Tottenham.

Tottenham-Inter
Foto: Reuters

A dirla tutta la vera sorpresa del girone B non era stata tanto l’Inter, approcciatasi così bene all’UCL, quanto il Tottenham con 2 sconfitte su 4 e un pareggio con il PSV.

La vittoria degli Hotspur a Wembley potrebbe apparire clamorosa soltanto agli avventati, i risultati altalenanti e non immediatamente positivi degli uomini di Pochettino hanno probabilmente appannato i più, i quali si sono lasciati abbindolare da un posizionamento in classifica irrispettoso e sottostimato rispetto alle reali potenzialità della squadra che, come giusto ieri ricordavamo, lo scorso anno con la Juve aveva dato modo di vagliare, specie in relazione ai matches di ritorno.

Nella partita di andata i londinesi erano passati avanti prima che Icardi la rimettesse in pari per poi lasciare l’ultima parola agli uruguagi e al loro artiglio, quella garra charrua che l’ha scaraventata lì ad un attimo dalla fine di quello che era soltanto il capitolo d’inizio.

Foto: Reuters

A San Siro, ad essere andato a segno degli Spurs il danese Eriksen che ha segnato all’andata e lo stesso ha fatto al ritorno. Se all’andata però il suo, gol d’apertura, era sembrato valere a poco, quello di ieri sera è il gol decisivo che avvalora pure il primo. Con la sua seconda rete stagionale, il centrocampista riapre le speranze del Tottenham, speranze che come dimostrato ieri in campo non erano mai state perse.

Entra al posto di Lamela e poco meno di dieci minuti dopo con la complicità di Dele Alli e Sissoko beffa la difesa nerazzurra che forse concede la prima vera grande leggerezza difensiva della partita. Leggerezza che paga cara e che vivisezionata, riassume tutti i 93 minuti di gara: quella sbavatura costata il Paradiso.

Asamoah non arriva sul passaggio per Sissoko che ricevuta palla, punta l’area rubando il tempo a Brozovic che non riesce a recuperarlo. Trovato libero Dele Alli, gliela serve mentre il trequartista inglese trova il tempo e lo spazio per vedere arrivare Eriksen, girare su se stesso e servirlo. Nell’azione da gol, prima Asamoah, poi Brozovic, gli errori nerazzurri non finiscono qui: a conferire disequilibrio alla squadra Milan Skriniar che all’inizio dell’azione marca Son totalmente fuori posizione, così da causare uno scivolamento verso sinistra di tutta la linea  difensiva.

Un altro errore lo compie Vecino, che nel momento della costruzione d’azione degli Spurs, punta la palla senza mai guardarsi intorno, permettendo a Dele Alli di posizionarsi al centro dell’area di rigore indisturbato. L’unico più attento sembra D’Ambrosio che si accorge dell’incursione di Eriksen ma ormai in ritardo non può far nulla.

Foto: Reuters

Tutto da rifare per i nerazzurri che avrebbero dovuto resistere soltanto tredici minuti e che invece sono caduti lì dove avrebbero potuto festeggiare un’impresa che ad oggi sembra essere meno semplice malgrado l’ultima parola spetti ancora al campo, e questa volta ad un campo di certo più amico. Da affrontare restano ancora gli olandesi che ieri sera a Barcellona hanno perso ma non così ampiamente e contro i quali il peggio dovrebbe essere stato affrontato all’andata ad Eindhoven dove le statistiche sorridevano meno che a San Siro.

A complicare le cose, però, ancora una volta il Tottenham che con la vittoria di oggi raggiunge l’Inter a 7 punti e vanta una rete segnata in più rispetto ai nerazzurri. Gli Spurs dovranno tentare la qualificazione contro il Barcellona al Camp Nou, sfida che a onor di logica e statistiche dovrebbe risultare più complessa rispetto a quella che attende i meneghini; se non fosse però che il Barcellona è già qualificato e potrebbe virare verso un risparmio energetico.
L’Inter adesso dovrà fare i conti, non solo con un rinnovato problema fisico di Nainggolan, ma soprattutto con un calendario ostico più del terreno di Wembley di ieri sera. Prima la Roma, poi la Juve entrambe fuori casa prima dell’ultima sfida valida per la qualificazione agli ottavi. Il tutto con un umore che la sconfitta di ieri ha incupito inevitabilmente ma che non può e non deve deprimere e che al contrario dovrà servire come miccia di ripartenza.
Foto: Reuters
Dalla sua parte l’Inter ha anche una oggettiva coscienza di una prestazione, se non buona neppure mediocre, su un campo difficile non poco contro una squadra di seconda fascia che giusto di recente è tornata ad essere al top della forma, ritrovando non solo gli uomini guida ma anche e soprattutto i risultati. La partita preparata da Spalletti infatti non ha ammesso grandi rimproveri al tecnico tantomeno ai ragazzi che si sono lasciati andare in qualche inevitabile sbavatura individuale dettata anche dalle condizioni collettive.
Nainggolan ancora una volta lontano dall’essere il vero Ninja, è costretto ad uscire poco prima dello scadere del primo tempo, costringe i compagni a giocare praticamente in inferiorità numerica per una buona mezzora prima che Borja Valero prendesse il suo posto, compito che lo spagnolo ha svolto più che sufficientemente. Il 20 nerazzurro, dalla panchina alla trequarti senza neppure un po’ di riscaldamento preventivo, ha rianimato la squadra con il palleggio e i tentativi di inserimenti tra le linee, talvolta riusciti pure bene.
In black out invece Marcelo Brozovic che inizia a sentire gli effetti degli impegni frequenti, compresi quelli con la Nazionale. Ancora una volta se Brozo stacca la spina, aggiunto a un Nainggolan dalla forma fisica traballante, la squadra perde non solo ritmo con i piedi ma anche d’intelligenza: la manovra rallenta e tutto diventa macchinoso e privo di spunti.
Foto: Reuters

Nonostante due cambi forzati, dopo Nainggolan anche De Vrij, Brozovic spento e il risultato finale parlare di partita imbarazzante sembrerebbe una forzatura. Con il 47% di possesso palla, rispetto al 53% inglese, l’Inter non ha mai davvero concesso nulla di esageratamente pericoloso, neutralizzando ancora una volta Kane. Un fuori gioco a testa e una differenza di 3 corner; 5 contro 2 i tiri in porta e 7 su 4 i tiri fuori, mentre sono 3 a testa quelli respinti.

Numeri non poi così pessimi se si pensa che stiamo parliamo di una qualificazione laddove in molti non credevano neppure possibile sognarla e sulla quale, il giorno dei sorteggi, neppure il più fiducioso degli interisti avrebbe forse puntato. Oggi il passo è più grande e più difficile rispetto a ieri, e allora è il momento di alzare le vele che a Londra non si sono ben dispiegate, aguzzare la navicella dell’ingegno e approdare sul secondo regno.

Egle Patanè

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