C’è stato un momento nella storia calcistica, in cui la nazionale jugoslava era una delle più forti del mondo, pur non vincendo alcun titolo significativo. Un crocevia di culture, lingue, religioni diverse che si che si amalgamavano nella Nazionale, conosciuta come i Plavi (i Blu).
Famosa per il suo stile di gioco tecnico e creativo, soprannominata addirittura il “Brasile d’Europa”, riuscì ad arrivare al secondo posto agli Europei nel 1968.
Erano anni di transizione geopolitica e culturale. La città più multietnica di quel tempo era Vienna, l’antica capitale dell’Impero Austro-Ungarico. È qui nel 1971 nasce Kosta Runjaic, l’attuale tecnico dell’Udinese.
Arrivato in estate, dopo la parentesi Cannavaro, con un contratto biennale da 750 mila euro a stagione, il tecnico dei tre paesi ha già stupito, mentre si gode solitario in vetta la classifica della Serie A (10 punti).
Nato a Vienna, di origini Jugoslave (come ci tiene a specificare), ma con passaporto tedesco.
Il profilo ideale per una piazza come Udine, che vanta una lunga storia di multiculturalismo e diversità culturale.
“Siamo molto felici, ma non significa niente.”
Queste le parole del tecnico che, come prevedibile, non si sbilancia più di tanto.
Ci sarà tempo per fare ulteriori congetture, ma può certo ritenersi soddisfatto, della squadra, e soprattutto di sé.
“Siamo però nella direzione giusta” ha poi continuato, proseguendo così “anche per il modo in cui abbiamo vinto, dimostrando carattere e passione.”
E di carattere e passione ne ha dimostrato tanto nella sua vita, passando da una carriera calcistica, interrotta per un infortunio, al vendere assicurazioni, fino al 2010.
“Nella vita, possiamo sognare in grande, è giusto farlo. Io sono un self made man, sono partito da zero, vendevo assicurazioni. Tutto è possibile.”
Frase in piena linea con la sua vita, cresciuto tra la Serbia e lo stato tedesco dell’Assia.
Il desiderio della sua vita era solo uno: diventare allenatore.
Così inizia nel 2010, dalla terza serie: prima squadra il Darmstadt, per poi passare al Kaiserslautern, dove raggiunge la semifinale di Coppa di Germania nel 2014.
La grande occasione arriva in Polonia, dove allena il Pogoń Stettino, arrivando fino al terzo posto in campionato.
Dopo 5 anni a Stettino, arriva nel 2022 al Legia Varsavia, squadra della capitale reduce da un’annata anonima, decima in campionato e fuori dalle coppe europee. In appena pochi mesi, rivoluziona la squadra, arrivando al secondo posto e vincendo la coppa nazionale.
L’anno seguente, prosegue arrivando al terzo posto e vincendo quinta Supercoppa nazionale della storia del club.
La Conference League diventa per lui lo scenario ideale per farsi notare, e ci riesce.
La famiglia Pozzo lo nota e non lo lascia più. Kosta Runjaic si fa notare già durante il ritiro estivo della squadra bianconera.
Già nel ritiro di Bad Kleinkirchheim, durante le sedute della squadra friulana, il tecnico ha messo in atto le sue particolari tecniche che prevedono l’uso di palloni giganti con cui i componenti della rosa devono superare degli ostacoli: uno strumento utile per valutare le reazioni dei giocatori di fronte a situazioni di gioco. Non sono mancate poi delle gare di foot volley.
Ma cosa possiamo aspettarci da lui?
“La chiave della mia idea di gioco è lo spirito di squadra, la connessione tra difesa e attacco, l’energia, l’intensità”.
Un calcio moderno e offensivo, prediligendo la difesa a 3: 3-4-3 e 3-4-2-1, anche se non disegna la difesa a 4, scendendo in campo con un 4-2-3-1 o un 4-3-3. Le sue squadre sono propositive e giocano con intensità, proponendo spesso una difesa a 5.
Un mantra del suo calcio è quello di credere nei giovani, perché come ha specificato: “Se si vuole promuovere i giovani giocatori, bisogna essere in grado di individuare un talento. Bisogna incoraggiarli, spingerli a farli progredire. E credere in loro.”
E per uno che ha come idolo l’ex presidente degli Stati Uniti, Kennedy, quale può essere l’aspettativa?
“Nel 1958 Kennedy diceva che in dieci anni saremmo sbarcati sulla Luna, quando nessuno ci credeva, e io vedo la mia carriera in modo simile: vendevo assicurazioni e nessuno avrebbe mai pensato che sarei arrivato ad allenare in Serie A. Sono più importanti i fatti delle parole”.
Rosaria Picale