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Kevin De Bruyne, un fuoriclasse con il vizio della normalità

Kevin De Bruyne è l'uomo chiave del Belgio: la lotta contro il tempo per recuperare il fuoriclasse, re della normalità, per i quarti

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Fonte immagine pag Twitter ValDicostanzo

Kevin De Bruyne ha tenuto  in ansia il Belgio con il suo infortunio.

La sua assenza poteva essere una vera tegola per la squadra rivale dell’Italia nei quarti. Le ultime notizie lasciano trasparire ottimismo sul suo recupero, molto probabilmente sarà in campo.

Kevin De Bruyne è indubbiamente uno dei migliori centrocampisti della sua generazione. Uno di quelli che sa sempre cosa fare, sa trovarsi al posto giusto al momento giusto.

Che  nel corso del tempo ha cambiato pelle più volte, e tutte le volte ha mostrato le sue non comuni qualità – totali – di visione di gioco.

Cambiare per Kevin De Bruyne non è mai stato un problema.

Kevin nasce trent’anni fa presso Gand, in Belgio, da padre belga e madre originaria del Burundi.

Kevin De Bruyne
Fonte immagine pag Twitter De Bruyne

Mamma Anna ha avuto una vita ricca di vicissitudini prima di arrivare in Belgio e in generale, dato il lavoro del padre, la famiglia De Bruyne è un gruppo sempre in movimento da un posto all’altro:

Siamo una famiglia di cittadini del mondo, parliamo francese, inglese e fiammingo indifferentemente 

dirà il giovane in svariate occasioni.

Nella famiglia di mamma Anna si tifa Liverpool, e anche se il piccolo Kevin muove i suoi primi passi nel modesto club del Gent, all’età di 10 anni si fa già notare dalle giovanili dell’Arsenal.

L’Inghilterra, insomma, è nel DNA (la madre ha vissuto a Londra dopo la fuga dall’Africa) e nel destino.

Quando il ragazzino ha 14 anni, il Gent dichiara il fallimento del settore giovanile.

Per De Bruyne già in tenera età arriva il momento di prendere una decisione fondamentale: quella di allontanarsi dalla famiglia per perseguire le sue aspirazioni.

Kevin sceglie di andare al Gent, dove può comunque studiare e può, per filosofia del club, coltivare il suo tipo di calcio. Il problema è che si trova a 60 km da casa sua.

Il ragazzo pertanto deve appoggiarsi a un collegio prima, poi  all’accoglienza di famiglie scelte e pagate dalla società per sostenere i giovani giocatori.

Qui si scontra per la prima volta con la sua timidezza, che lo ha sempre caratterizzato. La famiglia affidataria arriva addirittura a definirlo un “ragazzo difficile”. De Bruyne non si fa abbattere dalle critiche e tira fuori tutto il suo carattere attraverso il rendimento sul campo. Stesso a suon di gol.

Dal vivaio del Genk (squadra che di talenti in erba se ne intende) viaggerà subito in direzione di un club blasonato. Si tratta del Chelsea, che nota ben presto le doti dell’ allora giovanissimo De Bruyne, le stesse che lo hanno collocato tra i migliori al mondo.

De Bruyne è tecnico, veloce, straordinariamente duttile tale da poter spaziare a tutto campo. Bravo con o senza palla, c’è poi una qualità che lo fa eccellere: la sua innata capacità di assistere i compagni. Un perfetto playmaker.

Il Chelsea lo manda in un primo momento a farsi le ossa al Werder Brema. Kevin non delude le aspettative e rientra alla base londinese, guidata da José Mourinho.

Il rapporto tra i due non ingrana. Lo “Special One” non è conquistato dal giovane belga e continua a preferirgli altri in rosa. De Bruyne ci prova, ma alla fine capisce che non avrebbe mai trovato spazio: così, senza perdersi d’animo, chiede la cessione al Wolfsburg, ove avviene la sua consacrazione.

Nella Bundesliga conquista una coppa di Germania, realizza  16 gol e 28 assist,  vince un premio come miglior straniero del campionato e uno come giocatore dell’anno.

Dopo una stagione così, il Manchester City non perde l’occasione per portarselo a casa. Qui ritrova Guardiola, che ne era rimasto fortemente colpito ai tempi in cui allenava il Bayern Monaco, e con il quale la crescita del centrocampista continua imperterrita.

A differenza di Mourinho, l’allenatore catalano ha saputo capire le esigenze di De Bruyne e adattarle alle proprie, ottenendo da parte del centrocampista la stessa disponibilità.

Del resto lo stesso Kevin ha rivelato che con il mister del Chelsea non ci fosse poi chissà quale dialogo:

I giornalisti hanno scritto tanto del mio rapporto con José, ma la verità è che ho parlato con lui pochissime volte.

Per Pep, Kevin vede tutto e lo fa prima degli altri; è un elemento prezioso nel suo concetto di verticalità sul campo.

La questione non è legata al grado di difficoltà del passaggio ma alla tua visione del calcio

ammette il giocatore.

Kevin De Bruyne è un giocatore essenziale nel senso letterale del termine: ciò che fa lo lega all’essenza, alla concretezza di ciò che accade in campo e ai compagni. E la cosa sorprendente è che il calciatore fa sembrare tutto assolutamente normale.

Del resto la normalità è sempre stata il suo monito: si è mantenuto sin da giovanissimo da solo, senza ricorrere all’aiuto della famiglia. Il suo ultimo rinnovo con il City è avvenuto senza un procuratore, bensì con l’aiuto di un team di data analyst.

Dopo la brutta esperienza avuta con l’ex agente Patrick de Koster, De Bruyne ha deciso di non avvalersi più di questa figura e ha condotto la trattativa con il supporto del proprio avvocato e di suo padre, dimostrando autonomia e lungimiranza.

Fonte immagine pag Twitter Calciomercato.it

È facile quindi capire perché mai il Belgio non voglia fare a meno di Kevin De Bruyne contro l’Italia, consapevole che è veramente quello che può fare la differenza. Malgrado gli acciacchi ripetuti, visto che Kevin si era appena ripreso dalle fratture riportate nella finale di Champions.

Lo si è visto chiaramente contro la Danimarca: lui entra e  dà tranquillità e sicurezza.

In maniera del tutto normale.

 

 

 

 

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