Sono passati pochi giorni da quando la Juventus ha annunciato “il ritorno a casa” di Gianluigi Buffon.
Addio in pompa maglia la scorsa stagione, con tanto di conferenza, maglia personalizzata, omaggio allo Stadium. Ritorno in pompa magna con bagno di folla al nuovo Store di Milano, video, parole sdolcinate.
Pare sia doveroso con le bandiere, con quelli che sono scesi in Serie B.
L’anno scorso, un mese più tardi forse rispetto a ora, faceva ritorno Leonardo Bonucci, dopo circa 12 mesi di figliolanza prodiga al Milan. Per lui niente pompa magna, ok… Ma sbatte numerosamente i piedi per terra e ecco che la Juve gli riapre le porte. “Perché la Juventus é casa mia”, dirà il difensore centrale.
Pare sia doveroso, con quelli che hanno dato tanto per sei stagioni e contribuito a una difesa da manuale.
Non mi stupirei se – complice un lavoro non del tutto all’altezza del nuovo tecnico Maurizio Sarri – per l’annata 2020/21 Andrea Agnelli richiamasse sulla panchina bianconera Massimiliano Allegri, che a quanto pare è ancora sotto shock per aver dovuto “lasciare casa”.
La Signora magnanima che riaccoglie tutti nella propria dimora, tutti quelli che hanno regalato anni, fatiche, sudore a quella maglia a strisce bianche e nere (anche se l’Adidas ha deciso che non vanno più bene e ha cancellato, così in un niente, più di un secolo di storia. Potere del Dio Denaro…).
Tutti tranne qualcuno che in quella casa ha fatto forse troppo rumore e quel rumore pesa sul piatti della bilancia più di ogni altra cosa. Parlo – ovviamente – di Antonio Conte, che con il passaggio all’ Inter ha gettato nel fiume definitivamente la chiave di accesso, semmai ci fosse anche una remota possibiltà che quella chiave potesse ancora aprire le serrature.
Tutti tranne chi invece di rumore non ne ha fatto per nulla, che continua in silenzio e da lontano a amare i colori, il mondo, gli uomini della Juventus. Alessandro del Piero è e sarà per sempre il grande assente di questo raduno di “quelli che furono”. Questa certezza si rafforza di anno in anno, di episodio in episodio e a nulla varrà – a differenza del sanguigno Conte, che cerca vendetta – la fedeltà, assoluta e vergine, di Alex. Qualsiasi cosa lui possa dire o fare, non ritornerà.
I motivi di questa eterna separazione – per quanto supposti, immaginati, ipotizzati – non li sapremo forse mai. Ci sono cose che restano tra le mura segrete e magari è anche giusto così, perché ogni forma di potere nasconde i suoi scheletri che, manifestati, danneggerebbero tutti.
Tuttavia, mi chiedo se sia giusto chiamare “casa” un luogo in cui vige la legge del figlio e del figliastro, dove gratitudine e riconoscenza non hanno un denominatore comune, dove il perdono – se di perdono si può e si deve parlare – non è contemplato.
Forse sarebbe meglio evitare di usare questa parola così intima e definire la Juve semplicemente per quello che è: una squadra di calcio, un’azienda. Dove l’ interesse – come è giusto che sia in questi posti – seppur edulcorato, viene sempre prima di tutto.
Daniela Russo