La Juventus esce da San Siro con le ossa semi rotte e un pareggio agguantato solo all’ultimo minuto.
La salute della Vecchia Signora è precaria e si fa fatica a trovare una cura.
Un rigore all’ultimo respiro segnato da Ronaldo che ieri sera è sembrato avvolto dalla rassegnazione generale, quasi abbandonato a se stesso.
Tac, tac, tac: uno, due, tre passaggi. Sterili, svogliati, compassati. Sette passaggi consecutivi di media senza arrivare al tiro. Orizzontali o peggio all’indietro.
Una Juventus che sembra svuotata, senza identità: che se con Allegri in precedenza era un camaleonte, adesso non si sa davvero cosa sia.
E per una squadra come la Juve, che fa dell’identità – solitamente cinica e sorniona – il suo marchio di fabbrica, la cosa è veramente grave.
La Juventus sta vivendo una lotta intestina. Un male interiore dal quale non guarisce perché di fatto qualcuno non vuole.
Da un lato Sarri ha lottato e – forse e sottolineo forse – vorrebbe continuare a lottare per cambiare i percorsi e le abitudini bianconeri. Dall’altro gran parte dello spogliatoio che vuole – consciamente o no? – restare ancorato alle vecchie abitudini, al decalogo allegriano.
A quello che per loro rappresenta lo scettro del potere.
Le parole di Buffon nel dopo gara sono una grande verità:
Il mister sta cercando di insegnarci qualcosa di straordinario: c’è bisogno che tutti diano totale disponibilità.
Pjanic dopo averci provato – quanto, forse un mese? – si è arreso. Troppa fatica 150 passaggi a partita, meglio restare sui 50, massimo 60. Con qualche errore, mi raccomando.
La difesa è troppo occupata a trastullarsi con la filosofia del “Vincere uno a zero soffrendo ci fa godere”, solo che qui oramai non si vince e men che meno si gode.
Il male è dentro: la Juventus non segue Sarri. Distribuire le colpe a questo punto vale veramente a poco.
Purtroppo cambiare guida è già una scommessa. In più, implica una rivoluzione di uomini che alla Juventus non c’è stata.
Una rivoluzione che ritarda dal 3 giugno 2017, dalla disfatta gallese, protratta dalla dirigenza della Vecchia Signora fino a questa abulia che stiamo vedendo.
Ieri sera faceva quasi male vedere Paulo Dybala correre ovunque alla disperata ricerca di fare qualcosa, di creare qualcosa, di mettere in moto un meccanismo che sembra essersi arenato.
Quello spirito di sacrificio lo vedi solo se sei attaccato alla maglia.
Da quello, da quell’amore che sembra evaporato, la Juventus ora deve cercare di ripartire.
La vera domanda è: in chi dei giocatori bianconeri ancora esiste questo amore?
Daniela Russo