Dopo quasi un mese – ventinove giorni per l’esattezza – di panchina vacante,
la Juventus annuncia il suo nuovo allenatore: Maurizio Sarri
La dipartita di Massimiliano Allegri, dopo cinque anni di vittorie ma anche di tifoseria spaccata tra sostenitori e detrattori del tecnico toscano, vede la Signora ingaggiare un mister destinato a dividere il pubblico sin da principio.
L’allontanamento di Max dalla panchina bianconera era cosa inevitabile dopo la pessima gestione dell’ultimo anno, coinciso con l’arrivo di Ronaldo e con un segnale che doveva essere di vittoria e invece si è rivelato di fallimento.
L’esonero del livornese sembrava essere una presa di coscienza da parte della Juventus che non si potesse più perder tempo, visto che la clessidra biologica del campione portoghese volge alla fine, com’ è giusto e naturale che sia.
Che si dovesse procedere con un all-in che proiettasse finalmente la Juve nell’Olimpo delle principesse d’Europa, approfittando degli ultimi splendori di un Pluripallone d’Oro per affermarsi dopo decenni di assenza.
Invece, con la scelta operata la squadra di Torino si mantiene costantemente in seconda fascia nel panorama calcistico europeo.
Sono i fatti, purtroppo, a confermare ciò:
- Il gruppo dirigenziale, più volte dichiaratosi con le idee chiare, ha invece confermato la confusione che all’ esterno traspariva in queste settimane. Non solo: per quanto Sarri sia un tecnico di assoluto rispetto – come dimostra il notevole lavoro fatto a Napoli -, non ha mai dato l’impressione di essere il primo papabile per la panchina bianconera.
- La modalità della scelta dell’allenatore sembra confermare che i dirigenti bianconeri abbiano lasciato andare Allegri senza avere nelle mani un sostituto concreto: tutto porta alla strada dell’ improvvisazione. Questo sottolineerebbe l’inesperienza di Paratici che, pur avendo lavorato per anni al fianco di Marotta non ha ancora acquistato competenze e esperienza necessarie. Aggiungiamoci il fatto che per inclinazione naturale la Juventus predilige il panorama italiano e che Andrea Agnelli rientra perfettamente in questo quadro di preferenze: votato al successo in Patria e poco avvezzo al dominio del Continente.
- Del resto non scopriamo nulla di nuovo. Negli anni la Juventus non ha mai puntato su un manager illustre e a parte il colpo – inspiegabile a oggi – di CR7 non è mai stata famosa per mettere la Champions al primo posto tra gli obiettivi. Basti pensare che è sempre e solo stata definita un sogno. E il palmares parla chiaro: la Juve non vince la Champions dalla bellezza di 23 anni. Per lo stesso motivo, non ha mai preso top players nel fiore degli anni né trattenuto i calciatori che le potevano assicurare un futuro da corazzata.
Appare lapalissiano – per chi avesse ancora qualche minimo dubbio – che l’operazione Ronaldo sia stata semplicemente un’operazione economica, per il portoghese in primis ansioso di liberarsi della pressione fiscale spagnola, e per i bianconeri a caccia di consensi dal brand Adidas. Al quale hanno consegnato più di un secolo di storia acconsentendo a ufficializzare una divisa che cancella totalmente strisce e storia bianconere.
Il tutto per cosa?
Essere gestori di un azienda ha poco a che vedere con il gioco del calcio.
In casa Juve queste cose evidentemente cozzano e di Gianni Agnelli ne nasce uno ogni secolo, forse o forse nemmeno. Il fatto di portare un cognome importante non fa di Andrea Agnelli un dirigente navigato, anzi: gli aumenta la pressione intorno e il giovane sta commettendo non pochi passi falsi in qualità di Presidente della Juventus.
Dopo la riconferma di Allegri in seguito alla disfatta di Cardiff che ha regalato alla squadra e allo spogliatoio bianconeri due anni di lento e sanguinoso stillicidio, ha commesso l’errore madornale – e mi auguro per lui non fatale – di lasciare Antonio Conte agli storici avversari di Milano. Questo – si teme – più per capriccio che per altro.
Con il rischio che, al cospetto di risultati al di sotto delle aspettative, la prima testa a saltare possa essere quella di Pavel Nedved, primo e accanito fautore dell’allontanamento di quel Max tanto caro al rampollo di casa Agnelli.
In tutto questo Maurizio Sarri, che pur ha meritato una panchina importante con la recente annata condotta al Chelsea, si troverà tra le mani non solo la stella di non facile gestione di CR7.
Il lavoro più difficile sarà ridare linfa psicologica a un folto gruppo di giocatori che Allegri aveva portato sull’orlo della sfiducia e dello svilimento.
Ci auguriamo davvero che il tecnico ex Napoli sia in grado di riprendere in mano le redini di una situazione che si prospetta, è giusto dirlo, assolutamente in salita per lui.
Cosa non da poco, dovrà vedersela con le velleità e con la sete di vendetta di Antonio Conte e con la piazza interista che già si sente avanti sulla griglia di partenza.
Non sarà facile, insomma, per Maurizio, al quale va il nostro più sincero in bocca al lupo di continuare a sorprendere positivamente il mondo del calcio come ha fatto fino a oggi.
Daniela Russo