Juve-Inter, il fascino del Derby d’ Italia con Luca Momblano e Christian Liotta

Il fascino del Derby d'Italia ha un sapore speciale: ce lo raccontano Luca Momblano e Christian Liotta

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Come non avvertire il fascino e la tensione di Juve-Inter, partita comunemente nota come Derby d’Italia?

Una gara che da sempre fa parte della storia del nostro calcio e che da 12 anni a questa parte ha assunto connotazioni implicite, che la rendono ancora più vissuta dal popolo bianconero e da quello nerazzurro. Domani Juventus e Inter si ritroveranno faccia a faccia allo Stadium dopo l’ultima volta a San Siro, ad aprile, in cui la Vecchia Signora ha messo praticamente entrambe le mani sul Settimo scudetto di fila.

Per l’occasione – sebbene non siamo di fronte a un match decisivo come quello di qualche mese fa – abbiamo voluto sentire le opinioni di due esperti conoscitori di questa partita: Luca Fausto Momblano, noto volto televisivo, scrittore e giornalista per Juventibus e Christian Liotta, giornalista per  FC Inter News.

 

Juve-Inter, derby d’ Italia: che cosa significa oggi, in questo momento storico, questa sentitissima partita?

L. – Rappresenta una classica trascinata da atmosfere che hanno un fuoricampo che nessun altro tipo di partita offre. Per quanto consumata dagli anni – e dai fatti, visto anche l’aggiornamento societario e modernista del club Inter – è la sfida mediamente più sentita dal tifoso bianconero. Ma per giusto o sbagliato che sia,  Juve-Inter rappresenta se stessa attraverso i pronostici: una squadra dominante, ormai di dimensione mondiale, contro una squadra che ha davanti un lungo percorso e che, se pensa di poter bruciare le tappe, ancora una volta sbaglierà perché ogni ciclo ha un suo perché.  E la Juve di questi 7 anni non si può imitare.

C. – In questo preciso momento storico, Juventus-Inter rappresenta la sfida tra la detentrice incontrastata del ruolo di sovrana del campionato italiano e chi, superati anni di tempesta, torna a nutrire ambizioni di eredità al trono. Al di là di una partita che, guardandola dal punto di vista dei tifosi, rappresenta indubbiamente la partita, per i nerazzurri quello di venerdì sarà una sorta di crash test per capire quanto è ancora ampio il gap che li separa dai bianconeri. L’esito, visto l’andamento da rullo compressore della squadra di Allegri, pare essere già scritto e probabilmente è così; ma si sa, in una gara singola può capitare sempre la sorpresina…

Allegri e Spalletti, nati nella stessa terra, cresciuti nello stesso calcio: hanno dei punti in comune?

L. – Io direi che non si somigliano, né come personalità né come tipologia di allenatore. Se proprio mi devo sforzare, un punto in comune potrebbe essere il tentativo di far trasparire tutta l’importanza dei fattori psicologici (anche se espressi in modo molto diverso) attraverso la comunicazione pubblica. Quanto incida nei risultati non so. Per il resto Allegri è più sperimentale e spregiudicato nella gestione degli effettivi, Spalletti più metodico. Mi spiego meglio, tra le figure geometriche Allegri è un parallelepipedo sospeso su un cono, Spalletti un quadrato con dentro un triangolo. 
 

C. – Direi pochi, per il modo in cui vivono e interpretano il calcio. Sul campo, Allegri, grazie anche al ben di Dio di cui onestamente dispone, è un tecnico che riesce sempre a fare la partita pur non disdegnando le rotazioni dei giocatori e dei moduli, sapendo sempre di riuscire ad avere grandi risposte da tutti; Spalletti è più orientato alla ricerca dell’equilibrio delle forze e legato fortemente alle convinzioni del suo credo tattico, e ha ragione perché comunque la squadra complessivamente ha fornito valide prestazioni, pur con qualche incidente di troppo come a Bergamo dove comunque a mio modo di vedere ha pesato tantissimo la spesa di energie mentali post-Barça. Magari entrambi sono abili a tirare fuori il meglio anche da chi sembra un po’ ai margini o parta dalle retrovie nelle proprie scelte, come dimostrano Marcelo Brozovic e Joao Mario piuttosto che Rodrigo Bentancur. Fuori, poi, declinano la loro toscanità in due modi diversi: più diretto e spigliato, ‘di scoglio’, Allegri; maggiormente accademico fino a sfociare nel filosofico e più incline alla battuta tagliente Spalletti.

Marotta ha lasciato i bianconeri e presto approderà in quel di Milano: cosa perde la Juventus e cosa guadagna l’Inter?

L. – La Juve perde un ottimo politico, un grande burocrate e un uomo quindi che conosce i meandri tradizionali del calcio italiano. La Juve  guadagna europeismo e forse un po’ di forza propulsiva nel cercare di scardinare una volta per tutte, se mai sarà possibile, proprio quel tradizionalismo conservatore del sistema calcio nostrano.

C. – Non credo che la Juve perda qualcosa, semmai eredita il lavoro di tanti anni che alla lunga è risultato determinante per riportare non solo la squadra, ma anche il brand Juve ai vertici internazionali, e lo consegna a mani comunque affidabili come quelle di Fabio Paratici. L’Inter guadagna al contempo l’inserimento di un manager di grande livello che potrà agire e portare la sua esperienza sul piano sportivo ma anche su quello gestionale, lavorando in concerto con Piero Ausilio e Alessandro Antonello. La figura ideale per i piani della proprietà Suning legati alla crescita del club nerazzurro in campo e fuori, dopo l’esperimento Walter Sabatini legato a logiche e strategie poi accantonate senza troppi rimpianti. E negli auspici soprattutto dei tifosi uno capace di alzare la voce quando bisogna farlo, nello spogliatoio come davanti ai microfoni, una figura che forse all’Inter latita da troppi anni.

immagine calcionews24

Sono stati premiati insieme al Gran Galà, hanno segnato nello stesso giorno con l’Argentina: come vedresti nella tua squadra la coppia Dybala-Icardi? Possono davvero essere il futuro dell’Albiceleste?

L. – Dybala non è un attaccante (o rifinitore) che lavora per la punta centrale; Icardi non è un centravanti che lavora per chi gli sta vicino. Non partono, come coppia, da una grossa base. Pensando ai massimi livelli mondiali, uno dei due dovrebbe modificarsi radicalmente. C’è molto da scoprire, diciamo. 

C. – Beh, stolto chi non li vorrebbe insieme… Indubbiamente formerebbero una coppia d’attacco di primissimo livello, visto che risulterebbero benissimo complementari. Ovviamente il futuro dell’Argentina è nelle loro mani, senza dimenticare Lautaro Martinez.

 Asamoah vs Cancelo, due ex a confronto: chi ha sorpreso di più chi?

L. – Chi è rimasto sorpreso da Asamoah non ha seguito la Juve come noi quotidianamente in questi 7 anni. Chi è rimasto sorpreso da Cancelo penso sia soprattutto Allegri, mentre il meno sorpreso di tutti è Fabio Paratici.

C. – Penso che un po’ di sorpresa in più l’abbia destata Asamoah all’Inter, non tanto per le qualità tecniche ma per la dedizione immediata mostrata alla causa nerazzurra dopo tanti anni con la Juve, sintomo di professionismo vero. Magari quanto sta facendo Cancelo alla Juve ora è più enfatizzato, ma il portoghese sta procedendo sul binario intrapreso nella seconda parte di stagione all’Inter, quella che alla fin fine gli è valsa maggiormente l’inserimento nella Top 11 del 2018. In tanti pensano fin troppo facilmente che sarebbe valsa la pena per l’Inter riscattarlo ma era un discorso precluso a priori da certi vincoli che rendevano il tutto proibitivo sul nascere.

immagine il bianconero

Una Juventus-Inter del passato che secondo te merita di essere ricordata ai posteri…

L. – Imbarazzo… Quella del primo gol in bianconero di Zidane perché ha svoltato la carriera di un Pallone d’Oro. Ma quando Nedved segna spuntando sangue dai polmoni, ecco… la fotografia della Juve del post-Calciopoli.

C. – Senza andare troppo in là con gli anni, 3 novembre 2012: doppietta di Milito e gol di Palacio, e prima sconfitta interna nel nuovo stadio per la Juve di Conte. Fu l’ultimo acuto di un’annata rivelatasi poi terrificante, ma quella serata rimarrà comunque scolpita nella memoria degli interisti.

La coppia centrale De Vrij-Skriniar può diventare granitica come lo è stata (e lo è) la coppia Bonucci-Chiellini?

L. – Fortissimi, con ampi margini e anche complementari. Ma la risposta è no. Perché tra 20/30/50 anni Bonucci-Chiellini (Barzagli) saranno nelle enciclopedie del calcio, nei racconti, negli almanacchi e mi aspetto persino possano trovare spazio in qualche romanzo. E poi c’è un altro fattore: chi immagina Skriniar-De Vrij insieme cinque anni? Nel calcio di oggi ci sono alchimie che sono sempre più rare.

C. – Penso lo sia già, se non proprio alla pari poco ci manca. L’olandese e lo slovacco a mio modo di vedere non hanno nulla da invidiare per qualità e affiatamento ai dirimpettai bianconeri. Magari manca loro un pizzico di esperienza anche internazionale ma ci sarà sempre tempo e modo per maturarla, le doti non si discutono.

Per Luca: ho avuto il piacere di leggere un tuo scritto su Dybala tuttocampista. Ritieni pertanto che sia questo il vestito giusto per il diez bianconero?

Non lo credo, ma mi adeguo. Quell’articolo è frutto di uno studio nel medio periodo circa la nuova applicazione sul campo di Dybala per come la intende Allegri. Ed ecco che Firenze ha consegnato un primo certificato del lavoro di Allegri sulla testa del giocatore. Adatto o non adatto, mi pare Dybala svolga adesso questa mansione con più convinzione, entusiasmo e quindi – di conseguenza – efficacia.  Le parabole del calcio sono infinite…

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Per Christian: Nainggolan, quanto manca a questa Inter e quanto ti aspetti da lui?

Manca molto in primis a Spalletti, che lo ha voluto fortemente in estate e che su di lui ha pensato di costruire gli schemi per questa stagione, essendo lui la figura tanto richiesta dell’incursore. Hanno pesato la preparazione estiva differita a causa del problema patito in una delle amichevoli estive e le continue ricadute, ma considerando che quando ha potuto è riuscito a graffiare segnando anche gol importanti come quello al Psv Eindhoven, e il tutto essendo sempre stato lontano dal 100% della forma, si può ben sperare che una volta a pieno regime possa tornare il Ninja che tutti conosciamo. Auspicando di non dover attendere troppo a lungo.

Daniela Russo