Chi ha seguito con attenzione le amichevoli estive della squadra bianconera in America avrà sicuramente notato un calciatore rinato, tornato fondamentale per il gioco della Juve: Claudio Marchisio. Il Principino ha passato una stagione non facilissima, dopo l’infortunio ai legamenti della primavera 2016. Un percorso lungo quello della riabilitazione, che lo ha visto protagonista di momenti buoni e altri deludenti durante la stagione. E’ rientrato a campionato inoltrato e senza aver svolto la preparazione estiva con i compagni. Ha dovuto accettare di cedere il posto alla coppia Khedira-Pjanic e lo ha fatto da vero Principino, senza obiettare o mettere il muso, ma rimanendo sempre a disposizione e essendo comunque uomo spogliatoio.
Oggi Marchisio torna ad essere fondamentale in questa Juve che con Bonucci ha perso una persona di riferimento importante, in campo e fuori. Il numero 8 bianconero ha tutto quello che serve per aiutare la sua squadra: tiro, tecnica, visione di gioco, tempo di inserimento, forza nei contrasti, dribbling e, soprattutto, attaccamento alla maglia.
Perché se queste qualità la Juve magari potrà trovarle in un altro centrocampista, quelle umane al momento appartengono a pochi. Marchisio è cresciuto con la maglia bianconera, ormai è una seconda pelle e più di una volta ha fatto scelte che lo hanno portato ad essere tra i più amati nella storia bianconera. E qualità che dopo l’addio inaspettato di Bonucci diventano indispensabili.
I segnali del “nuovo Marchisio” si sono visti nelle prime tre amichevoli della Juve in America: il 31enne con Barcellona, Paris Saint Germain e Roma è stato il migliore in campo, ha vinto contrasti con giocatore apparentemente più duri di lui, ha fatto bene sia in fase di impostazione che in quella di possesso senza palla.
Sicuramente è presto per dirlo, ma comunque non può che essere una buona notizia per Allegri e per la Juve. Se il grande colpo a centrocampo non dovesse arrivare, nessuno dovrebbe disperarsi: c’è Marchisio 2.0 pronto a (ri)prendersi il posto che gli spetta.
Paola Moro