Home Calcio Italiano Serie A Juve, che succede se il rimedio è peggio della malattia?

Juve, che succede se il rimedio è peggio della malattia?

La Juventus, malgrado il cambio di guida tecnica, non ingrana

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La Juve di Pirlo.

Esiste una Juve di Pirlo?

Faccio fatica a rispondere, o forse dovrei rispondere con le ultime parole del Mister:

È una squadra senza personalità.

Su questo non ci piove: avevo già visto la Juventus faticare contro il Benevento (era il 2017, nel giorno in cui Madama festeggiava i suoi 120 anni), ma sabato – è bene dirlo – i bianconeri hanno letteralmente  subìto le Streghe.

Come siamo arrivati a questa mancanza di personalità?

Perché la Vecchia Signora targata Allegri, ad esempio, ne aveva una ben definita: per quanto non potesse piacere – a me, di fatto, non piaceva -, ma era lei e la potevi riconoscere.

Questa di oggi, faccio anche fatica a chiamarla Juventus.

Guardo Bentancur e Dybala, determinanti nella scorsa stagione, diventati l’ombra di loro stessi.

Guardo Kulusevski e non trovo il ragazzo che ho ammirato con la maglia del Parma.

de Ligt
Fonte immagine profilo Juventus Twitter

Mi aggrappo a De Ligt e alla sua figura granitica perché al momento mi sembra la sola in grado di darmi sicurezza.

Soprattutto guardo Andrea Pirlo, l’uomo del rinnovato entusiasmo, al quale detto tra noi non ho creduto nemmeno per un istante.

Vorrei piuttosto chiedere a Andrea Agnelli se ci crede ancora lui, a questo rinnovato entusiasmo.

Affidare la squadra sazia e imbolsita lasciata da Massimiliano Allegri a Maurizio Sarri è stato già di suo un gesto estremo, che lo stesso Agnelli non ha mai digerito.

Si è sempre visto lontano un chilometro.

Eppure il buon Maurizio – che veramente poco o nulla condivide con l’habitat bianconero – qualche buona base da gettare ce l’aveva eccome.

Fatto sta che l’impianto sarriano è stato bocciato ancor prima di cominciare gli esami.

Allora cosa fa il Presidente, abile affabulatore (e non provate a negarlo)?

Prende il neofita Andrea Pirlo, non si sa come diventato simbolo di juventinità ( gli son bastate quattro stagioni, a altri non è bastata una vita) e lo getta nella mischia.

Una scelta dettata da cosa? Ponderazione, risparmio economico, mancanza di tempo?

Capriccio?

Non si sa. 

Andrea Pirlo, assolutamente digiuno di calcio allenato, si trova a gestire una squadra ibrida, a metà tra gente oramai con la pancia piena e gente che deve ancora capire dove sia finita.

Tra ex compagni dalla presenza che definire ingombrante è dir poco e ragazzini provenienti da altre squadre e altri campionati.

Con in mezzo la patata bollente del rinnovo di Dybala che è diventato il quarto mistero di Fatima e che ancora una volta porterà l’argentino a preparare le ennesime valigie (e questa volta, ahinoi, è sempre più evidente, senza possibilità di revoca).

Con in più Cristiano Ronaldo, una squadra nella squadra.

Povero Pirlo, ce n’è abbastanza per destabilizzare il più esperto dei mister, figurati un pivellino.

Pivellino che però con le sue dichiarazioni dimostra poca umiltà – come tutti i grandi giocatori – e ancor più poca elasticità. E, diciamolo pure, questo non lo rende piacevole: né a noi, né tantomeno ai ragazzi. 

La domanda allora che mi sorge è: cara Juventus, cari Agnelli, Paratici, Pirlo, come ne usciamo?

Perché il Presidente dice che la Juve deve continuare a vincere. Ok, ma come visto che nemmeno più le neo promosse ci temono e che – testuali parole del mister – manca la personalità?

E soprattutto, questa personalità da dove bisogna prenderla?

Tante le domande che ci affollano la mente, poche, veramente poche e convincenti le risposte.

A oggi, riesco solo a dire che da quel maledetto giugno 2017 il declino della Juventus è stato lento, ma doloroso e inesorabile. E mi spiace, ma non vedo altri responsabili di ciò se non quelli che comandano.

Fonte immagine account Twitter Vecchia Signora

Perciò mi rivolgo direttamente a Andrea Agnelli, visto che lui, a questo rinnovato entusiasmo, sicuramente, ci crede ancora.

Aspetto cordiale risposta. 

Perché vede signor Presidente: questa squadra che lei tanto esalta, a furia di sentir parlare di storia, mito, leggenda e tanta altra roba da narrativa nazional popolare, si è convinta che basti scendere in campo in ciabatte per vincere.

Non si rende conto che gli anni passano, che le cose cambiano. L’inerzia non porta punti.

Per cui forse è bene dire a Pirlo che i suoi uomini “di esperienza”, quelli così indispensabili per vincere ANCHE contro il Benevento,  oltre alla personalità si sono persi per strada qualcos’altro: la voglia di sudare.

Daniela Russo

 

 

 

 

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