Home Rubriche Amarcord, il calcio del passato Jürgen Klopp: allenatore per caso, appassionato per scelta

Jürgen Klopp: allenatore per caso, appassionato per scelta

Jürgen Klopp è diventato allenatore per caso ma è sempre rimasto prima di tutto un appassionato fedele ai propri ideali, che ha fatto innamorare intere tifoserie e contribuito a vere e proprie favole calcistiche.

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Jürgen Klopp, all’inizio della sua carriera, non avrebbe mai scommesso che il calcio sarebbe diventato il suo lavoro: ora è uno degli allenatori più corteggiati d’Europa.

Per Jürgen Klopp non ci sono storie di stelle emergenti o talenti acerbi notati al primo tiro in porta (anche perché lui in porta ci giocava, da bambino). Klopp inizia a giocare a calcio perché gli piace, si diverte, ma se qualcuno gli avesse detto che sarebbe diventato il suo mestiere a lui sarebbe venuto da ridere. Le sue esperienze non raggiungono mai livelli professionali, tant’è che gioca letteralmente in tutti i ruoli. Nel mentre si iscrive all’università e fa diversi lavoretti qua e là, da commesso ad operaio.
Insomma, Klopp a fare il calciatore a tempo pieno non ci pensa proprio.

Jurgen Klopp
Foto: Flickr (https://live.staticflickr.com/8019/7603645010_3095335d87_b.jpg)

Nel 1990 viene ingaggiato da Mainz ma la sua carriera non sembra prendere immediatamente una svolta. Per diventare un titolare fisso del club deve aspettare il 1995, anno in cui tra l’altro si laurea in Scienze Motorie. Solo in quel momento si stabilizza definitivamente nel ruolo di difensore. È proprio quella sua voglia di normalità e gli atteggiamenti pacati a renderlo uno degli idoli della tifoseria. Nel 2001 Klopp era ancora un calciatore a tutti gli effetti quando a metà stagione arriva l’esonero dell’allenatore del Mainz. La dirigenza, alle strette e con poche possibilità, decide che sarà Jürgen Klopp a prendere in mano le redini della panchina fino a fine campionato. Klopp quindi si toglie gli scarpini ed inizia ad allenare quelli che fino al giorno prima erano stati i suoi compagni di squadra.

Così inizia la carriera da allenatore di Jürgen Klopp, nel modo più genuino e privo di aspettative che si possa immaginare. In linea perfetta con il suo modo di essere e di vivere il calcio. Viene fuori che Klopp come allenatore non è affatto male, anzi, probabilmente è molto più portato per questo lavoro che per il ruolo di difensore. Tant’è che il Mainz se lo tiene stretto fino al 2008 tra alti e bassi, compresa una storica qualificazione in Coppa UEFA.

Foto: Wikipedia Commons (https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/4/49/Jürgen_Klopp_%2816381166532%29.jpg)

Il giovane allenatore tedesco viene notato ed è il Borussia Dortmund la prima squadra al vertice a prendersi il rischio di ingaggiare un perfetto sconosciuto. Il Dortmund non naviga in buone acque quando Klopp arriva in panchina ma come al solito Jürgen sembra immune al peso delle aspettative. Lui svolge il suo lavoro come al solito, in maniera appassionata, facendosi voler bene da giocatori e tifosi, che lo vedono come un loro pari. L’“effetto Klopp” a Dortmund è clamoroso: stagione dopo stagione, i gialloneri raggiungono la vetta. Nel 2011 il Borussia Dortmund conquista uno storico campionato contro gli eterni rivali del Bayern Monaco, un titolo che mancava da nove anni. Non solo: Klopp l’anno dopo fa bis e quello dopo ancora porta la squadra in finale di Champions League. È un momento d’oro per il calcio tedesco e la definitiva consacrazione di Jürgen Klopp.

Anche per un “allenatore della porta accanto” come Klopp arriva il momento di salire nell’Olimpo del calcio: la Premier League. In Inghilterra Klopp si siede sulla panchina del club di una città che, come a Dortmund, respira e si nutre di calcio. Forse il segreto di Jürgen Klopp è proprio questo, legarsi a squadre che come lui condividono una passione incommensurabile verso questo sport, squadre che sono del popolo, dei tifosi. La nuova avventura di Klopp, nel 2015, non poteva che essere il Liverpool.

Ai Reds trova una situazione difficile come gli era già successo con il Borussia ma Jürgen Klopp non si perde d’animo. Inizia a lavorare a testa bassa, con umiltà, e costruisce un rapporto profondo con i suoi giocatori, con la società e con i tifosi. E tutti sanno quanto sia difficile fare una cosa del genere in Premier League.
Ama definirsi “The Normal One”, in totale contrapposizione con i rivali seduti sulle altre panchine inglesi, da Mourinho fino a Guardiola. La declinazione è accolta in maniera benevola da stampa ed appassionati.
Com’era già successo in Germania, stagione dopo stagione si vedono i frutti del lavoro di Klopp che culminano con la vittoria della Champions League nel 2019. L’anno dopo finalmente strappa il campionato dalle mani del Manchester City: erano trent’anni che il Liverpool non vinceva la Premier League.

Forse non è propriamente corretto definire Jürgen Klopp l’allenatore dei miracoli e probabilmente a lui nemmeno piacerebbe l’epiteto. Klopp i miracoli li lascia a qualcun altro. Lui preferisce lavorare sodo, metterci il cuore e soprattutto la faccia. Qualsiasi avventura lo attenda dopo il Liverpool, una cosa è certa: Jürgen Klopp continuerà a far sognare generazioni intere di tifosi.

Federica Vitali

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