Una partita del sapore e dalle emozioni speciali, Inter- Roma, che carica l’atmosfera di una elettricità che può diventare un arma a doppio taglio.
A fare la differenza stavolta è la Roma, per la quale le “affinità elettive” si fanno prepotenti come il canto delle sirene: Spalletti e Nainggolan ci cascano dentro con tutte le scarpe.
Sembrerebbe uno scherzo, una scusa o forse un deterrente, ma a volte i sentimenti diventano un handicap anche per i professionisti: per uomini d’affari, magnati e sì, anche per i duri calciatori che dovrebbero a rigor di logica rimanere distaccati e imparziali.
Stasera, come dicevamo, a farne le spese un allenatore ed un giocatore, due professionisti che – l’uno in maniera più composta, l’altro in modo nettamente più esplicito – hanno lasciato cuore e anima a Roma e nella Roma.
La testa va da una parte il cuore dall’altra: ecco che ne esce un match dal sapore nostalgico, quasi struggente.
Ironia a parte, l’Inter paga cara la confusione e per tutto il primo tempo rischia di chiudere con un parziale ben più pesante la prima frazione di gioco. Spalletti pasticcia con la formazione, rende pesante il centrocampo costringendo spesso Borja Valero a salire per gestire l’azione. Il belga si trascina, non è mai decisivo e si fa spesso riprendere per le entrate scomposte, bloccato su se stesso e a tratti trasfigurato: un lontano parente del “ninja” che conquistava con il pugnale tra i denti interi spicchi di campo, saltando avversari e tentando la risoluzione personale, salvo in diverse occasioni, mostrarsi un perfetto uomo assist.
Spalletti decide di provarci e lo schiera in campo con scioltezza: lui fa il suo, a capo chino e senza troppo entusiasmo, non brilla, non sfugge, la malinconia – e non è retorica – ha la meglio e nel secondo tempo lascerà il posto ad Icardi.
Un’ Inter che a fine gara si scoprirà aver avuto il 70% di possesso palla, fraseggi, passaggi, ma poca sostanza, nel primo tempo si assiste ad un vero e proprio scollamento in favore di una Roma più avanzata e motivata.
La Roma a questo punto avrebbe dovuto usare di più la testa…
Ranieri deve rinunciare, oltre che a De Rossi, anche a Manolas per un risentimento muscolare accusato in fase di riscaldamento.
Posto libero per J. Jesus che completa così il quartetto difensivo insieme a Fazio, Florenzi e Kolarov.
Il serbo si trova per l’ennesima volta a fare il lavoro sporco: su e giù per la fascia, un tormentone che lo coinvolgerà per tutto il match combattuto tra la voglia di andare a rete – che sfiorerà proprio sullo scadere dei 90′ – e la necessità di coprire la fase difensiva. Mette grinta e rabbia, grande giocata nei primi minuti con una triangolazione perfetta con il compagno Dzeko; brividi poco dopo su un tiro in porta che fa tremare Handanovic, torna indietro e chiude in modo perfetto una bella giocata di Vecino, risponde a tono alle libere interpretazioni di Politano: il riposo sembra averlo rigenerato.
A centrocampo Nzonzi torna in mediana e si concede il lusso di chiudere ottimamente anche su Perisc e Politano, un po’ meno incisivo in avanti ma fondamentale nell’allotanare il pallone di testa. Buona spalla sembrano fargli sia Cristante che Pellegrini, Lorenzo rimette sprint nelle gambe e comincia ad essere l’ospite scomodo in ogni luogo: contrasta, ruba e riparte, precipitoso sotto porta a tu per tu con Handanovic, un risveglio un po’ troppo tardivo ma pur sempre necessario per la sferzata finale di questa Roma che stasera poteva crederci un po’ di più.
Ranieri continua il suo lavoro alla ricerca della vera Roma
Ranieri cambia anche l’attacco, fuori Schick e Zaniolo: spazio per El Shaarawy e Under con Dzeko punta assoluta. Il bosniaco dà il meglio di sé pur non centrando la porta.
La maggior parte dei palloni gestiti dalla Roma passa per i suoi piedi e al 14′ è da lui che si innesca l’azione del gol firmato da El Shaarawy: il Faraone prende palla, la scambia con Dzeko, dribbling fra due avversari e tiro a giro di destro che ammutolisce San Siro, uno 0-1 pesante che strega gli avversari e permette alla Roma di riconquistarsi quel coraggio che l’aveva mandata per troppo tempo in letargo.
Una squadra compatta e precisa, un portiere che sa il fatto suo e che poco potrà nella ripresa sul gol di Perisic, ma che dosa bene esperienza e professionalità.
Del resto lo disse Ranieri appena arrivato nella Capitale, una delle prime rivoluzioni fu proprio la sostituzione in porta con Mirante al posto di Olsen:
“Nella mia Roma gioca solo chi è motivato e si mette al servizio della squadra, ho parlato con il ragazzo, l’ho trovato un po’ dubbioso, ha bisogno di tempo… parla poco, tende ad isolarsi e non si è integrato bene con il resto del gruppo…”.
il resto credo che ce lo abbia confermato il campo: tanta umiltà e molto fegato ad entrare in un ruolo che fino ad un anno fa a Roma hanno ricoperto personaggi del calibro di Szczesny e Alisson .
Se c’è da trovare una pecca in questa Roma, stasera più sfortunata che colpevole, è Under: troppo il tempo lontano dal campo, l’ingranaggio si inceppa, non decisivo in attacco e quando va in raddoppio difensivo si fa saltare o lascia l’uomo.
Un pari d’ equilibrio tra chi soffre e chi fa soffrire
Questione di ritmi, ma anche Zaniolo stasera non brilla: subentra nel secondo tempo ad Under e per lui sembra che un po’ di fatica si stia facendo sentire. Asamoah lo mette in difficoltà, lui lo asseconda un po’ troppo: resta nei ranghi di una prestazione dignitosa, ma purtroppo come nella vita reale – quando dai il massimo – non ci si accontenta della velocità di crociera…
L’1-1 finale è il risultato giusto: entrambe avrebbero potuto crederci di più, e con il pareggio del Milan la Roma avrebbe potuto diventare un ospite ancora più scomodo, ma siamo fatti per soffrire … e far soffrire: chiedere per l’appunto a Spalletti e Nainggolan.
Laura Tarani