Così Javier Zanetti ha definito l’Inter e un capitano conosce sempre la sua armata a prescindere che sia di ieri, di oggi o di domani, ecco perché, nonostante sia il capitano di ieri, le sue parole dipingono tuttora perfettamente i simboli e i valori della bandiera nerazzurra. Nulla di più vero della sregolatezza e della follia di cui parla e per averne conferma basterebbe rivedere Napoli – Inter. Quanto accaduto al San Paolo ha del paradossale e il paradosso si chiama non a caso Internazionale. Se la squadra di Mancini era già stata etichettata l’antitesi per eccellenza, lunedì, si è palesata l’eccezione che ha confermato la regola:
“Dall’Inter ci si può aspettare tutto e il contrario di tutto“
- Ci ha messo più tempo ad entrare in campo che a prendere gol, forse una sorta di punizione (chi di karma punisce, di karma perisce), un misero errore di Murillo, lo stesso Murillo che è tanto stato elogiato finora per la perfezione nel murare ogni tentativo d’attacco degli avversari, lunedì ha sbagliato il rinvio. Errore fatale che è costato un idilliaco gol di Higuain, gol che ha sfiorato il divino ma non le venerazioni puntualmente arrivate dal popolo partenopeo.
- Un gol subito nei primi 120 secondi di gara è una sprangata alle ginocchia in piena corsa e infatti la sprangata arriva seppur non nelle ginocchia ma arriva. L’Inter scossa, cerca di non farsi schiacciare mentalmente pur lasciando che accada fisicamente, non riesce nelle ripartenze, si fa schiacciare nella metà campo, soffre a trovare concentrazione e verticalizzazione ma non si fa trovare impreparata e contiene più di quanto riesca ad esplodere in avanti.
- Una colpa da attribuire a Mancini potrebbe essere la scelta di schierare Nagatomo; il giapponese non ha il fisico adatto a contenere Higuain ma il Mancio intendeva favorire velocità e fluidità al gioco, purtroppo le sue previsioni sono state confutate da Orsato, il quale, per generosità o meno, ha anticipato la doccia al Giapponese mandandolo negli spogliatoi e lasciando la squadra nerazzurra in inferiorità numerica. Sarà che ci sono abituati al “Meglio pochi ma buoni”, quei pochi hanno convinto di più con l’uomo in meno.
- Il Napoli fa tremare dissero…L’unica cosa che fa tremare di Napoli, finora, è il pubblico. A parte i tifosi con i loro boati e il loro calore, non sembra gli azzurri abbiano terrorizzato così tanto gli altri azzurri (quelli neri e non solo d’incazzatura). In superiorità numerica, in vantaggio di un gol e un pubblico così caloroso avrebbero potuto essere più incisivi.
- Icardi che al San Paolo conosce bene le porte, non è riuscito ad aprirle; si sarà perso negli spogliatoi? Non pervenuto e intanto a brillare era l’altro numero 9 argentino. Questo è quello che dicono tutti al momento ma, lanciamo una freccia a favore del piccolo Maurito, il quale, capocannoniere della scorsa stagione ha emozionato tifosi nerazzurri e non per la facilità con la quale incideva sotto porta. Ventiduenne con addosso la responsabilità di una squadra che freme dalla voglia di tornare a vincere, uno schema e un metodo di gioco tutto nuovo, un diretto rivale a contendere il posto da titolare, un periodo non floreale e più critiche che supporti. Niente niente un po’ fuori luogo gli insulti?
- Higuain e i paragoni infondati con Icardi: la cosa più esilarante sono stati i paragoni tra i rispettivi numero 9, paragoni privi di fondamenta sui quali basarsi se si escludono nazionalità e numero. L’uno esperto e maturo, l’altro nel bel mezzo della crescita, da un lato fisicità ma soprattutto velocità di pensiero di movimento e di reazione, dall’altro perspicacia, intesa, più tecnica che creatività, più staticità che reattività; Higuain scrive la storia e Icardi la impara e chissà che un giorno l’allievo non superi il maestro.
- Il Napoli segna il secondo gol ancora una volta opera del più bell’artista di cui dispone la seria A, dipinge il vantaggio ma spegne la corrente; finisce il carburante e i partenopei entrano in blackout.
- L’Inter ha dovuto aspettare 14 giornate per farsi dire di esser bella: ci ha messo 14 partite per farsi bella o semplicemente si è presentata all’appuntamento senza trucco e ha immerso l’avversario in un recipiente pieno di struccante? Questo rimane un mistero, l’unica certezza è che Mancini è un abile smacchiavip degno di Striscia perché se è vero che sforna un gioco rude, cinico ma per niente bello è anche vero che colpisce dove meglio può annullando l’avversario e rendendolo brutto da pietrificarlo…Eeh se solo svelasse il segreto di questo siero alle donne!
- Il mercoledì è da leoni, il lunedì è dei santi; la riunione liturgica della Quaresima è stata anticipata al periodo d’Avvento. Per prepararsi degnamente al Natale i Santi si sono incontrati in un match non a caso divino ed ecco che oltre a San Paolo padrone dello Stadio, San Gennaro patrono di Napoli e Sant’Ambrogio patrono di Milano, tre new entry da standing ovation: San PALO, San Reina e Sant’Handanovic. Per i primi due il popolo napoletano provvederà a breve alla diffusione delle icone in loro onore e per il terzo si sta già lavorando per erigere una statua alla Pinetina.
- Il turnover ha un suo perché. Ci si è chiesto perché Mancini non abbia mai schierato due volte una stessa formazione ed ecco servita la risposta a mo di babà, basti pensare al fatto che gli uomini decisivi di lunedì sono gli stessi che finora non sembravano essere i più gettonati: Brozovic e Ljajic hanno preso le redini della squadra trascinandola quasi fino al pareggio, dipingendo il terrore negli occhi partenopei e la speranza in quelli nerazzurri. Ljajic dai dribbling d’oro e Brozovic dagli epictunnel di epico adesso non hanno più solo l’hashtag.
Dulcis in fundo… (e gli interisti sperano dulcis) L’Inter perde il primo posto ma non la dignità a occuparlo, e perdere una battaglia non significa perdere la guerra, nella speranza che questa battaglia non sia giusto quella di Waterloo.
Egle Patané
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