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Inter, ancora un saluto all’Europa: un fallimento dai colpevoli molteplici

Una pessima prestazione dell'Inter che saluta ancora una volta l'Europa in una nottata da dimenticare. Un risultato però che dovrebbe far riflettere: un fallimento dai colpevoli molteplici

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Ennesimo ko della stagione e per la seconda volta l’Inter saluta l’Europa. Dopo il goal di Lozano, arriva quello di Jovic; altra qualificazione sfumata e altra partita che, come quella di Lozano, fa deprimere non tanto per il risultato finale quanto per le modalità con le quali è arrivato.

L’Inter è scesa in campo senza mai farlo davvero, sbagliando tutto quello che poteva sbagliare. Nelle ore precedenti alla partita si parlava di un’Inter obbligata a incanalare la partita nel verso giusto dalle prime battute specie perché da evitare c’era un dispendio di energie che sarebbe potuto essere fatale non solo alla luce del derby ma anche alla luce di una partita da gestire con risorse centellinate più che mai.

Jovic De Vrij Inter vs Eintracht
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L’Inter si rivela recidiva e come spesso già accaduto sbaglia proprio l’approccio al match, atteggiamento rivelatosi il più madornale degli errori in quasi cento minuti colmi e stra colmi di strafalcioni. Già al secondo minuto rischia enormemente con un pallone velenosissimo di Haller che colpisce la traversa e dopo soli due minuti viene punita con quel cinismo che avrebbe dovuto impiegare e che al contrario è finita a subire. 

Sbaglia Haller ma non replica Jovic e al 6′ minuto prima semina De Vrij, poi con un pallonetto supera Handanovic, colpisce il palo che però carambola la palla spedendola in rete. Inutile il tentativo disperato di D’Ambrosio di salvare sulla linea, il terzino in ritardo non arriva ed è 0-1.

I cinque minuti più tragici delle ultime partite, se a Firenze la difesa si era appisolata favorendo l’immediato vantaggio dei viola ma recuperando subito dopo, lo stesso non è accaduto ieri, quando i nerazzurri si sono fatti letteralmente neutralizzare fisicamente e mentalmente.

Un primo tempo che finisce con l’essere appannaggio totale degli ospiti che tengono le redini di buona parte anche del secondo tempo lasciando l‘Inter intrappolata in se stessa. I tedeschi tengono alto il ritmo, pressano e si svincolano dei nerazzurri con un giropalla scorrevole e limpido favoriti dal centrocampo nerazzurro praticamente inesistente.

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Vecino e Borja Valero si rivelano quasi del tutto inadatti, anticipati su ogni pallone non riescono praticamente mai ad impostare la manovra tantomeno a fronteggiare quella avversaria. Sempre fuori posizione lasciando totale libertà di manovra e di corsa Kostic e Gacinovic ma soprattutto a Da Costa praticamente libero di muoversi e inventare praticamente per tutto il match.

Nel primo tempo non reggono schemi né idee lì dove a mancare sono proprio quest’ultime. Confusione aleggiata in ogni dove del campo dove a far bene i soli Handanovic e Skriniar ad evitare un’imbarcata che si sarebbe potuta concretizzare già nei primi 45 minuti.

A capire poco anche Spalletti che inverte più volte Soares con D’Ambrosio ma con scarsi risultati, né l’uno né l’altro si sono rivelati all’altezza, soprattutto il 21 nerazzurro che fatica più del dovuto specie nel non riuscire a mettere nessun traversone utile, suo cavallo di battaglia, murato ogni tentativo dell’ex Southampton sostituito con Andrea Ranocchia che entra bene in partita tentando, come sempre, di fare il più possibile. Il suo ingresso, al 62′, ha smosso i piani tattici sostituendo Skriniar che si sposta in posizione più avanzata facendo girare meglio gli ingranaggi di un gioco che oltre i venti minuti dalla ripresa sembra serrato più che ingolfato.

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Skriniar avanzato funge da pilastro portante sia nella funzione di filtro difensivo, sia da punto di partenza nei tentativi di manovra offensiva. Il 37 nerazzurro gira qualche buon pallone a Perisic che, in giornata più nera che azzurra, spreca tantissimo e in avanti sbaglia quasi tutto. Quasi a ventiminuti dalla fine è lo slovacco a limite dell’area a calciare un pallone che sarebbe potuto essere buono se l’Eintracht avesse avuto la stessa lucidità dell’Inter, ma la difesa tedesca è ben piazzata e soprattutto attenta, Hasebe devia in corner. 

A salvarsi in una nottata in cui da salvare c’è poco o nulla, oltre ad Handanovic e Skriniar, anche Matteo Politano, mina vagante tra il centrocampo e la trequarti, che prova invano a favorire qualche ripartenza, talvolta supportato da un Candreva che di buono ha solo la corsa (e il cui livello risulta talmente basso da rendere superflua ogni qual tipo di analisi a riguardo). Il 16 nerazzurro corre tanto, ma manca di giusto appoggio a Keita andandogli spesso in sovrapposizione più che servirlo in profondità. 

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Il senegalese resta spesso isolato lì davanti senza un vero pallone buono da giocare, al di là del lancio lungo di Handanovic dritto su di lui al 19’ che però spreca allungandosi troppo il pallone che finisce per essere un appoggio per Trapp. 

Nel secondo tempo l’Inter riesce ad avere una parvenza d’ordine che nel primo è sembrato utopia ma che malgrado il tentativo di ridare raziocinio al gioco è finita per apparire un’anima in pena priva d’anima. Sofferente sotto i colpi di un Eintracht sì più forte, ma anche e soprattutto con un carattere, un’aggressività e una lucidità ben lungi dai padroni di casa.

La partita di ieri lascia tanto amaro in bocca mettendo alla luce più e più elementi da analizzare e da recriminare e di certo non soltanto alla squadra, decimata e costretta a giocare con pochi titolari e giocatori acciaccati, tra cui Keita costretto ai 90 minuti dopo più di due mesi di assenza e Perisic dopo l’affaticamento muscolare che lo aveva costretto a saltare la Spal. Se gli undici in campo ieri hanno imbastito una prestazione lontana dal concetto che Spalletti ritiene atteggiamento da Inter, altrettanto vero è che imputare il fallimento della partita alla sola squadra sarebbe l’ennesima ingiustizia di chi necessita di riversare frustrazione. Senza troppi giri di parole e Icardi a parte, ieri si è compiuto l’ennesimo passo falso di una squadra sì colpevole di ma altrettanto vittima di una serie di vicissitudini che a metterle sotto la lente d’ingrandimento farebbero a tratti rabbrividire. I colpevoli di un rasentato fallimento stagionale già a marzo non sono certo solo esclusivamente squadra e allenatore.

Il settlement agreement, dalle quali limitazioni si uscirà per fortuna presto, ha senza dubbio compromesso il percorso di quest’Inter privata di elementi che avrebbero potuto giocare una chiave di svolta decisiva in partite come quella di ieri, così come al Camp Nou, come Wembley o contro il PSV.

Settlement agreement ma non solo: a San Siro non c’è Icardi

Ieri come mai, questa settimana come mai, l’assenza di Icardi è tangibile a pelle. L’ex capitano non si presenta ancora una volta a San Siro (sugli spalti) come contro la Spal, ma a mancare clamorosamente è in campo, lì davanti agli altri, lì dove i suoi gol latitano dal 15 dicembre ma soprattutto lì dove a mancare è quella maglia numero 9. Una maglia assente (a mo’ di scherzo del destino) dal 9 febbraio, da quel Parma-Inter durante il quale, tra l’altro, di lui si ricordano strafottenza, mancanze e brutte giocate.

E chissà, a questo punto verrebbe da chiedersi, se quel Parma-Inter sarà stato l’ultimo atto di una delle peggiori tragedie mai recitate in casa Inter. E di tragedia si parla perché quello successo tra spogliatoi, campetti di Appiano, studi televisivi e sale conferenza non è ancora ben chiaro né schiarito: resta una fascia sottratta senza una vera e propria spiegazione, un capitano non più capitano indispettito e fattosi fuori e una squadra senza il suo giocatore migliore nel momento meno opportuno.

Di chi è la colpa? Di Icardi? Della società? Difficile stabilirlo quando difficili da stabilire sono fatti e cause ma solo conseguenze. E oggi più che mai a piangere le suddette conseguenze è non caso sempre e solo l’Inter.

 

Egle Patanè

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