L’Inter passa dal ‘riveder le stelle’ a ‘riveder i mostri’: perde a Napoli nel peggiore dei modi e rischia di sprecare tutto. Come l’anno scorso, tutto rimandato all’ultima partita. Colpe di tutti e alibi per nessuno.
L’Inter perde al San Paolo e ancora una volta tutto è rimandato all’ultima di campionato. Zielinski, Mertens e due volte Fabian Ruiz frenano gli entusiasmi e spediscono gli interisti nel più buio dei drammi. Ancora una volta l’Inter si ritrova a combattere gli spettri che già lo scorso anno combatté nel più adrenalinico ma sofferente dei modi e mentre un anno fa acciuffava una Champions League di corsa e sull’ultimo vagone dell’ultimo treno, quest’anno esattamente come alla penultima della scorsa stagione perde una partita che vale ancora una volta il rischio perdere quello stesso identico treno.
Inter, da riveder le stelle a riveder i mostri
Lo scorso anno alla sconfitta in casa contro il Sassuolo alla penultima partita da calendario, ultima al Meazza, aveva sopperito il Crotone rifilando un pari alla Lazio che riapriva le speranze meneghine e rimandava tutto all’Olimpico dove Vecino apportò la sua firma nella storia mettendo fine ad un’attesa lunga sei anni. Tanto ch’i’ vidi de le cose belle che porta ‘l ciel, per un pertugio tondo. E quindi uscimmo a riveder le stelle. L’ha presa Vecino e l’Inter uscì a riveder le stelle. Il resto è storia.
Mentre i ricordi social esumano le lacrime di una squadra che sembrava voler spaccare il mondo, oggi l’Inter tutta è ancora una volta a guardarsi intorno a rimuginare su un’annata potenzialmente fallimentare che ha confuso ogni pronostico stagionale. Incredibile ma vero e più che a riveder le stelle, oggi l’Inter è a riveder Caronte e Lucifero. Ancora una volta i nerazzurri si ritrovano ad attendere un match, l’ultimo match (dato non da poco conto) che può riportare l’Inter a riveder le stelle oppure scaraventarla in mezzo ai mostri dell’inferno.
Un album di ricordi che sarebbe meglio non sfogliare
Quel limbo tra inferno a paradiso che di tanto in tanto fa capolino nel mezzo del cammino della vita dell’Inter questa volta si chiama Empoli. Quart’ultimo con 38 punti, uno in più del Genoa, due in meno di Fiorentina e Udinese. A un passo dalla retrocessione e ad un passo dalla salvezza. Ma diciamoci la verità pensare che l’Inter possa uscire sconfitta con l’Empoli è uno scenario clamoroso e altresì parecchio umiliante nonostante tutte le attenuanti del caso. Neppure un mordente così forte quale la sopravvivenza in Serie A potrebbe giustificare un trionfo dell’Empoli a San Siro e sebbene la variabile sia parecchio incidente e determinante, vivere una settimana di crepacuore è decisamente umiliante per chi nove anni fa di questi tempi saliva sul tetto d’Europa e a inizio stagione era considerata la seconda miglior squadra del campionato.
Ma tant’è! E oggi questo 22 maggio è meno 22 maggio di sempre. Fa più male che mai e sfogliare l’album dei ricordi più che nostalgia suscita una rabbia oggi più amara che mai. Gli interisti sono tutti in silenzio di riflessione, alla ricerca di sé stessi e di un fioretto che possa sbocciare domenica prossima. Appunto. Tutti a sperare, pregare e pronti ad immolare persino uno dei più stretti parenti pur di accaparrarsi quei tre punti.
‘Se l’Inter fa l’Inter’, ma che vuol dire essere Inter?
Storia di un’annata funesta, cominciata con qualche caduta di troppo e proseguita con tonfi clamorosi, destabilizzanti e certamente invalidanti. Sul campo e fuori dal campo se l’Inter s’aspettava facile accesso alle porte del paradiso, si è interposto un purgatorio più scosceso di quanto previsto. Alla partenza ingolfata di inizio stagione culminata con il ko contro il Parma, la squadra di Spalletti sembrava aver trovato il suo equilibrio proprio all’indomani di quella sconfitta. Filotto di vittorie interrotto da un’accettabile caduta, seppur pesante, a Bergamo e da un ko contro la Juventus allo Stadium nonostante una più che buona prestazione. Dopo l’uscita dalla Champions, però, l’Inter sembra aver perso qualcosa. Verve prima di tutto.
Una serie di risultati altalenanti e insoddisfacenti, la situazione Icardi e l’uscita dall’Europa League come emblema di una stagione che gettava in pasto agli squali quanto di buono fatto fino a quel momento. Allarmante preludio di una piega sbagliata e dolorosa che poteva essere imboccata al primo sbaglio. Nonostante tutto però i nerazzurri trovano il modo di rialzarsi, vincono il Derby, si riprendono il terzo posto e continuano tra alti e bassi la loro corsa stagionale. Ritrovata linearità però l’Inter fa l’Inter e ri-comincia a disseminare punti in ogni dove, soprattutto sul terreno di casa.
I meneghini non hanno vinto in casa per ben due mesi; dal Milan al Chievo. Dal derby l’Inter ha ottenuto 3 sole vittorie al fronte delle 8 partite giocate. Una sola sconfitta, contro la Lazio e tanti, troppi, pareggi. Soprattutto in casa appunto. Ics con Atalanta, Roma, Juventus (tutte tra le mura del Meazza) e una addirittura con l’Udinese in trasferta. Risultati e dati che scompensavano i più. Specie perché nel frattempo le altre contendenti la Champions tornavano alla vittoria e innescavano una risalita.
L’Atalanta supera la squadra di Spalletti, il Milan ritrova la continuità e vince tre match consecutivi, la zona Europa si affolla e la zona Champions si fa stretta stretta come il solo punto che separa il Milan dall’Inter. La vittoria contro il Chievo panacea per chi soffriva di maniavantismo e disfattismo, però è servita a poco, perché dal 2-0 a San Siro al 4-1 al San Paolo passa poco meno di una settimana e da sotto il letto o da Inter Sassuolo, i nerazzurri riesumano i mostri che già in passato hanno più volte sconvolto piani e sconfortato gli animi e si lasciano sconfortare altrettanto.
Da anti-Juve ad una qualificazione in Champions tutt’altro che scontata colpe di tutti e alibi per nessuno
A inizio stagione – o meglio a fine mercato estivo – c’è stato chi aveva definito l’Inter come l’anti-Juve. Un pronostico che ad oggi sembra quasi ridicolo a giudicare dai ventiquattro punti che separano le due ma anche e soprattutto per la distanza a livello caratteriale tra l’una e l’altra. Un mercato che lasciava sperare in bene e una grinta iniziale che sapeva di garra giusta per giocare una stagione quantomeno meno fluttuante della scorsa. Ma mai dire mai.
Mai dire gatto se non ce l’hai nel sacco. E nel sacco, durante tutta la stagione, l’Inter ha messo alti e bassi, sebbene per dirla tutta e con onestà, più bassi che alti. Tonfi clamorosi alternati a vittorie, così da lasciare quasi sempre che la classifica giustificasse quegli scivoloni parecchio scomodi.
Alibi che le vittorie finivano con il corroborare, lasciando sperare in una ripresa del verso giusto, mai imboccato davvero. Ad ogni buon risultato seguiva un pareggio, o una sconfitta o un ennesimo caso di cui discutere. E alla fine nel calderone del risultato conclusivo va messo proprio tutto e per analizzare davvero a fondo l’andamento di questa Inter sarebbe bene valutare le innumerevoli variabili avvicendatesi. Da una lettura neppure troppo approfondita viene fuori l’abbattimento totale di ogni tipo di alibi volto a giustificare chicchessia. Dall’allenatore ai giocatori passando per società e dirigenza e perché no?!?! persino raccattapalle e magazzinieri.
Di un’ipotetica sconfitta contro l’Empoli e l’ipotetica conseguente ‘perdita’ della Champions i colpevoli sarebbero tutti, nessuno salvo.
Il clamore è proprio questo: temere il peggio contro l’Empoli. Laddove il peggio non è tanto da ricercare nel fatto che si tratti di una squadra in procinto di retrocedere in B, quanto nel fatto che ancora una volta si corre il rischio di non qualificarsi in Champions all’ultima giornata. Un rischio che se lo scorso anno appariva non molto giustificabile ma quantomeno comprensibile, quest’anno risulta ingiustificabile ma neppure comprensibile.
Stessa storia. L’Inter è ancora lì a combattere con i suoi mostri, gli stessi dell’anno scorso. Con un aggravante non da poco: se lo scorso anno si è vissuto il tutto con l’adrenalina, la speranza e il ‘sogno’ di chi spera di farcela che alla fine ce l’ha fatta, quest’anno di speranza e adrenalina prendono il posto rammarichi, rimpianti, delusione, rabbia e colpevolezza. Sentimenti e responsabilità da spartire in parti uguali per tutti.
Egle Patanè