La gara d’andata contro i friulani aveva imbastito la tavola per un pranzo di Natale indigesto a tutti gli interisti. Quella gara, arrivata dopo il picco d’entusiasmo contro il Chievo e un pareggio non troppo disdicevole allo Stadium, smorzava un po’ gli animi sognanti di credeva che la cura Spalletti potesse essere così immediata. Da lì, al contrario, la caduta nerazzurra si è concretizzata con il derby di Coppa Italia in cui l’Inter ha perso certezze edificate probabilmente troppo presto.
Rialzarsi non è stato semplice né immediato come testimonia la sfilza di pareggi protrattasi per due lunghi mesi che ha rallentato non di poco il percorso dell’uomo di Certaldo. Il black out nerazzurro, rincarato da vari stop per infortunio, in particolar modo quello di Icardi, ha inevitabilmente compromesso la situazione in classifica.
Da capolista a quinta in classifica e punti che si andavano perdendo lungo il tragitto. Il tesoretto accumulato nel filotto positivo di inizio stagione ha permesso all’Inter di non allontanarsi troppo dalla posizione desiderata e dall’obiettivo nonostante il periodo di grave difficoltà, il tutto con la complicità delle contendenti che dal canto loro hanno perso qualche battuta disseminando anche loro punti importanti e comodi ai nerazzurri.
La partita dello scorso week end contro la Juventus avrebbe aiutato in ottica Champions, specie perché le partite rimaste da giocare sono veramente esigue e con esse anche le possibilità di recuperare terreno sulle romane avanti anche se di poco, ma tant’è. A San Siro, sabato scorso l’Inter non raccoglie punto alcuno verso la Champions tantomeno toglie punti alla Juve in ottica scudetto.
Errori evitabili e imputabili più a Spalletti che alla squadra quelli visti in atto contro i bianconeri; scelte sbagliate, nervosismo e scompensi di troppo, un risultato amaro e ingiusto per quello che si è dato sul campo, una disillusione che faceva capolino e sentori di depressione in procinto di calare.
L’unica via per scongiurare la caduta inesorabile verso l’opprimente e deprimente tonfo, mentale e non, era quella di Udine, crocevia psicologico più che fisico per dimostrare a se stessi più che agli altri che in quasi cinque mesi un carattere e un’identità l’Inter di Spalletti ce l’ha e sa come tirarli fuori all’occorrenza.
La via di Udine
Miranda si ferma in riscaldamento per un problema all’adduttore, c’è Ranocchia al suo posto ma non è l’unica novità nell’undici di Spalletti, la squalifica di D’Ambrosio impone un ballottaggio tra Santon e Dalbert ma la spunta quest’ultimo.
Non tutti i mali vengono per nuocere perché l’improvviso out di Miranda non danneggia l’Inter, al contrario, paradossalmente la rinforza perché Ranocchia sblocca la partita con un perfetto tempismo sul tiro dall’angolino di Marcelo Brozovic, stacca di testa e infila la palla in rete.
Prova a reagire l’Udinese con Lasagna, a dieci dalla fine del primo tempo, ma trova Handanovic che protegge l’angolino destro e fa ripartire la squadra che riprende le redini del gioco e al 44’ Rafinha segna il suo primo goal in Serie A e con la maglia nerazzurra. Un regalo auto-confezionato.
Il brasiliano corona al meglio il suo percorso di crescita in campo e fuori dal campo. Elemento dal valore aggiunto in questo girone di ritorno, insieme al terzino destro portoghese e al ritrovato Marcelo Brozovic. Trio portante di una quadra che mancava e che finalmente si può dire trovata.
Il solito Icardi trova il 99’ gol con la maglia nerazzura e accorcia la distanza con Ciro Immobile nella classifica marcatori. La chiude Borja Valero, l’ex viola cala il Poker al Dacia Arena e riapre le danze della lotta al quarto posto.
Se all’andata il match contro l’Udinese aveva evidenziato i limiti e le debolezze dell’Inter, esponendo gli uomini di Spalletti alle intemperie del girone invernale, il match di ritorno ha riaperto le speranze oltre che in ottica lotta Champions, in ottica futura.
Egle Patanè
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