Quando si spendono due o più parole sul Napoli, irrimediabilmente si associa ad esso il tifo di carattere identitario. Bello, per chi ci crede, tifare i colori della propria terra. Bello poter girare per la strada e salutare amici e conoscenti con un sonoro “Buongiorno e Forza Napoli“, sentendosi rispondere con un altrettanto sonoro “Buongiorno, SEMPRE!“.
Va da sé che in molti, tra i tifosi, cerchino di accostare il più possibile all’idea di napoletanità i giocatori della squadra del cuore.
Da Diego a Cavani, da “Ciro” Mertens a colui che non ha bisogno di essere decorato con le stellette da napoletano, perché lui è già napoletano. Ovviamente parliamo di Lorenzo Insigne, che, sarà anche di Frattamaggiore (e qui alla scrivente si illuminano gli occhi, perché in quel di Fratta conserva ricordi di una infanzia bella e serena) e per qualcuno questo può essere sinonimo di provincialismo, ma è napoletano dentro e lo si sa.
È da svariato tempo che Lorenzinho non sembra più quel ragazzetto scanzonato, genio del tiro a giro.
Infortuni, alti e bassi in campo, sentori di intolleranza a non si sa cosa di preciso, una fascia di capitano ufficializzata dopo l’addio del mitico Marek Hamsik, che pare a volte stargli stretta.
Dopo la doppia disfatta contro l’Arsenal, con discussa sostituzione del capitano, e prima ancora, dopo il mix di dichiarazioni sue e soprattutto di Raiola, troppe ombre sono calate sull’Insigne calciatore e uomo.
I fischi del San Paolo sono stati indegni e inopportuni in un momento così delicato per lui e la squadra.
Un capitano non si fischia.
Però ci si domanda se Lorenzo abbia la caratura caratteriale per reggere da capitano una piazza come Napoli (?!?)
ATTENZIONE, non la squadra ma la piazza, i tifosi, quelli che osannano e scatasciano in men che non si dica.
Quel che accadrà a fine stagione e nel periodo intercorrente tra ritiro, calciomercato e inizio stagione, lo sapremo allora.
Una sola cosa mi piacerebbe dire a Lorenzo, se potessi. Vorrei dirgli che è un professionista, un uomo, un padre di famiglia. Eviterei di far parlare per lui procuratore, papà e chiunque altro.
Queste cose fanno male, fanno sorgere equivoci e dubbi, alimentano malumori e polemiche. Queste cose fanno male al Napoli, a Napoli, al calcio.
Simona Cannaò