In questi giorni il nome di Josip Ilicic impazza su tutte le testate.
Il giocatore dell’Atlanta ha fatto ritorno in Slovenia, chiudendo ufficialmente la sua stagione.
Sulle motivazioni di questo rientro la società mantiene il massimo riserbo, al contrario del mondo social e dei media che si stanno arrovellando per trovare a tutti costi la motivazione della sua assenza.
Depressione, problemi coniugali, malattia: la trama tessuta intorno alla partenza dello sloveno è ricca di particolari extra calcistici che – in tutta onestà – non ci interessano. Se il club ha deciso di tenere Ilicic lontano dalla notizia, ci sarà un motivo.
Magari un giorno sapremo, magari no.
Josip Ilicic è una persona e come tale va rispettata, specie in questo periodo in cui si diceva che ne dovessimo uscire migliori.
Non conosco modo migliore che parlare di lui se non raccontando quanto ha fatto in quest’anno con la maglia dell’Atalanta.
Un calciatore nel pieno della sua maturità, finalmente consapevole in tutto dei suoi mezzi, capace di illuminare, di divertire, di essere concreto e pragmatico all’occorrenza.
La forza della costanza, che viene dalla consapevolezza della propria fragilità
Ilicic in questa annata – fino a quando è arrivato il Covid a devastare le nostre vite – ha dato conferma – dopo già un campionato strepitoso, quello 2018/19 – di essere compiuto. Un giocatore magnifico che tuttavia aveva sempre fatto pensare di potersi perdere, da un momento all’altro.
Eppure questa volta c’è stato.
Con le sue paure, con le sue fragilità più volte ammesse senza remore, si è preso carico della squadra: tra lo stupore di chi pensava non potesse mai farcela, si è scoperto dannatamente utile, oltre che meravigliosamente bello.
Costante.
L’eleganza di un funambolo senza rete
Ilicic ha un raro bagaglio tecnico che ha sempre sfoggiato a fasi alterne: mai come in questi mesi sembra essersi messo d’impegno per mostrarlo tutto, incantando per l’estrema pulizia e eleganza con la quale riesce a dirigere i suoi passi.
Un senso di precisione e di raffinatezza che si fondono in un connubio straripante, come se Josip si muovesse sul filo di un dirupo danzando, con la consapevolezza di poter cadere ma anche con la certezza che ciò non accadrà.
A dispetto di una corporatura non propriamente da cigno, Ilicic è stato – in ogni gara – la rappresentazione plastica della bellezza calcistica.
Il Poker al Mestalla come una consacrazione
Quattro gol in una partita di Champions sono una roba da alieno. Se poi segnati in territorio avversario, ancora di più. Se ti capita di vedere il poker di un singolo direttamente in partita, sembra come un’onda che ha sempre lo stesso colore ma cambia il suo modo di spumeggiare.
Di quelli che ho visto, ne ricordo soltanto uno con la stessa intensità: Messi all’Arsenal, nel 2010. E se Ilicic ti fa provare le stesse emozioni di Messi… Beh, allora non c’è niente altro da aggiungere.
Questi sono soltanto tre dei tanti, tantissimi motivi per cui pongo un accento particolare sul campionato – e sulla stagione – di Ilicic. Motivi per i quali – anche se ci sarebbe un certo Gomez in pole – eleggo Josip Ilicic come Uomo dell’Anno in casa bergamasca.
Mi auguro che torneremo a parlare di lui presto, soltanto per quello che sa fare in campo.
Tutto il resto, davvero, non mi interessa. Spero solo che Josip si riveda domani in quel di Bergamo.
Daniela Russo