Video Assistant Referee: questo è il nome completo del VAR, la nuova tecnologia appena approdata nel nostro campionato di calcio, acclamata a gran voce da diverse stagioni come la panacea che avrebbe risolto tutti quei mali destinati alla condanna solo grazie alla moviola e ai discorsi, più o meno velenosi, degli opinionisti.
Innanzi tutto, chiariamo: si definisce VAR al femminile la video assistenza arbitrale, ossia la tecnica di cui ci si avvale per controllare un episodio dubbio, mentre VAR al maschile è l’arbitro in cabina, che nota l’irregolarità sfuggita al collega in campo e gliela segnala. L ’utilizzo è circoscritto a quattro casi specifici: regolarità di una rete, espulsione di un giocatore, concessione di un rigore e possibile scambio di persona in caso di cartellino giallo o rosso.
Il VAR ha fatto il suo esordio in “pompa magna” già durante la prima di campionato, Juventus-Cagliari di sabato 19 agosto: al 37’ del primo tempo, dopo un contatto in area bianconera tra Sandro e Cop, l’arbitro Maresca richiede la consulenza del monitor con un gesto emblematico delle mani, a formare un rettangolo; il direttore di gara si reca a bordo campo e, consultato il video, assegna il calcio dagli 11 metri per il Cagliari. Farias va sul dischetto per la realizzazione, ma il portierone nazionale chiude la saracinesca e il risultato resta in vantaggio per i Campioni d’Italia.
Dopo il primo anticipo, il VAR è protagonista anche durante altre gare: in Crotone-Milan, subito al 5’ si assegna un calcio di rigore per i rossoneri con conseguente espulsione di Cecchini; in Inter-Fiorentina, al 4’ rigore a favore dei nerazzurri, mentre al 40’ della ripresa la punizione estrema viene negata alla Fiorentina per un presunto contatto tra Simeone e Miranda; in Sampdoria-Benevento, il VAR convalida la rete del pari blucerchiato; in Udinese-Chievo, Perica riceve un’ammonizione per aver richiesto l’uso della tecnologia, richiesta da regolamento vietata ai calciatori.
La partita più movimentata è senza dubbio Bologna-Torino: all’inizio del secondo tempo, si attende l’intervento tecnologico dopo un contatto tra Belotti e Maietta in area rossoblù, ma uno speaker annuncia che, causa problemi di comunicazione radio, non si potrà utilizzare il supporto; l’ ”allarme” rientra al 33’, quando lo stesso speaker comunica la risoluzione del problema, con tanto di applauso del pubblico presente. Giusto in tempo per scatenare il primo “giallo VAR”: nel finale, Massa annulla al Torino una rete regolare, decretando un fuorigioco inesistente e annullando l’utilizzo dell’ assistenza video, che non può intervenire a gioco fermo. La partita si conclude in parità e così sale in cattedra Sinisa Mihajlovic, personaggio ben noto per la compostezza con cui subisce le “ingiustizie arbitrali”: “Spiegate la VAR agli arbitri, non a noi”.
Non finisce qui: anche l’allenatore viola Pioli resta convinto dell’esistenza del rigore non concesso alla sua squadra, criticando apertamente l’operato di Tagliavento; per non parlare del presunto “fallo di mano” di Dybala sulla seconda rete bianconera, non segnalato né dall’arbitro né dal VAR: l’immagine dell’attaccante argentino che, di fatto, stoppa la palla con la spalla, viene maliziosamente mostrata da un’angolazione compromettente sul web facendo urlare al complotto internazionale per l’ennesima volta e scatenando commenti al vetriolo cui, purtroppo, siamo stati lautamente abituati.
Benvenuto VAR, allora? Forse. L’impressione è che le gatte da pelare potranno addirittura aumentare. Tra arbitri in campo, arbitri in postazione, allenatori, tifosi, ne vedremo delle belle, perché la tecnologia è al servizio dell’uomo, ma l’uomo è incline per natura alla polemica e alla mistificazione dei fatti: e il calcio è troppo pieno di rivalità, di astio talvolta, per poter risolvere il tutto solo con un monitor in più. Come gli uomini, anche la tecnologia è fallace: ed è per questo che noi ci rifaremo sempre alla nostalgica, veritiera frase di Boskov: “Rigore è quando arbitro fischia”.
Daniela Russo