Il J’accuse di Alberto Malesani è il J’accuse di tutti noi, alla ricerca di un calcio perduto

E' un duro sfogo contro i social network e le sue brutali conseguenze quello di Alberto Malesani che ci sentiamo di condividere in toto. Verso quale sentiero si è perso quel calcio che tanto abbiamo amato?

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Il Chievo dei Miracoli, che dalla C1 sfiorò il sogno chiamato Serie A.
La Fiorentina di Morfeo, Batistuta, Oliveira e Rui Costa. Quella che riuscì a schiacciare la Juventus per 3 a 0 sotto la Fiesole.
Il Parma seducente di Crespo, Chiesa e di Veron. Quel Parma pigliatutto: Coppa Italia, Supercoppa Italiana e Coppa Uefa (l’attuale Europa League, ndr).

I più giovani molto probabilmente non sapranno di chi stiamo parlando. I più grandi invece avranno già la lacrimuccia che scende, dolce e romantica, a tratti nostalgica come quel calcio che non c’è più. Un calcio fatto di bandiere e di poesia. Di uomini veri, a volte duri, a volte energici, ruspanti. Di uomini che nonostante tutto ci mettevano il cuore in quel calcio che era gioco, passione, fantasia, innovazione.

Uno di questi uomini era Alberto Malesani. L’allenatore che ha reso
il Parma Grande, la Fiorentina Spettacolare, il Chievo Meraviglia

Oggi Malesani lancia un’accusa pesantissima e lo fa dopo anni di assenza e di oblio.
Dopo anni di vuoto, nonostante avesse dato una fortissima presenza, avesse colmato di bellezza la Serie A. Nonostante avesse reso indimenticabili gli anni ’90.  

Alberto Malesani il grande assente. Il grande dimenticato. Dagli addetti ai lavori. Dai colleghi. Dai tifosi.

Perché?

Il mister ha pagato il suo voler essere se stesso, senza filtri né maschere. Ha pagato quel carattere rimasto genuino, da qualcuno giudicato in antitesi con quel calcio che stava svelandosi di fronte a noi.

Il calcio dei social, il calcio che invece di fare spettacolo dentro ha preferito iniziare a farlo fuori dal campo. Dove i calciatori ora sono influencer e modelli e non riempiono solo i quotidiani sportivi ma i rotocalchi. Dove gli allenatori non sono altro che un ingranaggio di un’industria che deve diventare sempre più potente. Dove non conta come alleni e come schieri una squadra in campo, ma quanto e come “si è comunicatori”.

Dove le telecamere non inquadrano solo il triangolo verde del campo da calcio, ma vogliono scrutare la vita privata, cosa fai dentro casa tua quando togli la tuta e gli scarpini. Perché a contare oggi sono i media e tutto ciò che ne consegue.
Giudizi avventati, totale mancanza di privacy, superficialità, calunnie.

Oggi il calcio è a portata di click, e siamo pronti a giudicare da un post e da una foto. A mettere al patibolo un allenatore per una frase sbagliata, per un modo di vivere diverso. Per una personalità controcorrente.

Alberto Malesani è stato l’emblema di un calcio essenziale e schivo, arrembante e donchisciottiano. Un calcio andato perduto verso il sentiero della vanità.

 

 

Giusy Genovese