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Il Catanzaro femminile in Serie C è la rivincita di noi figlie degli anni ’80 cresciute fra speranze e delusioni

Noi figlie degli anni '80, cresciute a pane e pallone in paesini dove il calcio era solo roba da maschi e dove era impossibile parlarne a scuola o in famiglia, non possiamo che gioire di fronte all'impresa delle ragazze del Catanzaro Calcio Femminile.

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Il Catanzaro Calcio Femminile è in Serie C.

Un’impresa storica.

Un traguardo sognato e realizzato.

Un obiettivo raggiunto.

E un mito, ancora una volta, sfatato.

La promozione in Serie C conquistata dalle ragazze del Catanzaro Calcio Femminile non è solo un’impresa calcistica. Non è solo una pagina sportiva.

Catanzaro
Le ragazze del Catanzaro Calcio Femminile conquistano la Serie C. Un’impresa storica per una cittadina del Sud

Ma è quel tabù che noi figlie degli anni ’80 abbiamo visto sgretolarsi partita dopo partita. Mesi dopo mesi. Anni dopo anni.

Non possiamo dire di avercela fatta. La strada è ancora lunga e tortuosa. Ma abbiamo vinto. Tutte.

Il Catanzaro Calcio Femminile in Serie C non è solo la rivincita di giovani ragazze calciatrici. Non è solo la vittoria di donne che hanno potuto indossare calzoncini e parastinchi in barba a qualche commento di troppo, a  qualche pregiudizio fuori luogo. A una mentalità ancora ancorata al maschio come figura dominante fuori e dentro a un campo di calcio.

Ma è la rivincita di tutte noi figlie nate negli anni ’80 cresciute a pane e pallone in paesini dove il calcio era solo roba da maschi e dove era impossibile parlarne a scuola o in famiglia.

Se riavvolgo il nastro mi sembra di rivedere ancora una bambina che giocava con la palla e mentre cresceva sognava di diventare un’inviata da bordo campo.

Mi sembra di rivivere in quella bambina che aspettava suo papà con il Corriere dello Sport in mano e che spendeva la paghetta settimanale in Guerin Sportivo e album delle figurine.

Quella bambina che solo una volta ha provato a chiedere di fare scuola calcio come se fosse la domanda più normale del mondo, senza immaginare ancora i retaggi culturali che avvolgevano una cittadina dove solo le femmine erano ammesse a danza e solo i maschi potevano iscriversi a calcio.

Quell’adolescente che per la tesina di Educazione Fisica aveva portato come argomento “il calcio” venendo derisa dalla professoressa davanti a tutta la classe.

Quella ragazza che sognava di diventare la nuova Donatella Scarnati mentre le compagne erano intente a parlare di vestiti, scarpe e accessori venendo emarginata perché considerata “diversa”, “strana”.

Una donna che oggi non ha realizzato alcuni sogni. Ma gran parte sì. Una donna a cui un giorno Bruno Pizzul ha chiesto se si sentiva appagata dal mestiere di giornalista sportiva. 

Non avevo saputo rispondergli.

Tanti erano i sacrifici, tante le difficoltà. Portare avanti il lavoro della penna non è facile. E Bruno probabilmente lo sapeva.

 Oggi però posso parlare di donne che giocano a calcio. Di speranze mai sopite e di sogni realizzati.

Calciatrici a Catanzaro, donne ai Mondiali.

Imprese e rivincite.

Retaggi culturali sconfitti e movimenti in continua ascesa.

Donne che ottengono.

Le delusioni e le sofferenze di noi bambine degli anni ’80 hanno aperto la strada a tutto questo.

E oggi a quella domanda posso finalmente rispondere di sì.

Giusy Genovese

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