Come noto il 25 novembre è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Se ci si sofferma ad analizzare la portata di tale giornata, sul finire del 2020, c’è da rabbrividire.
Nel lockdown, casi sempre più gravi di violenza sulle donne.
L’isolamento aumenta la violenza domestica e il limite oltre il quale si chiede aiuto
E' ora di dire basta.
Non è Amore#25novembre#NoAllaViolenzaSulleDonne#nonunadimeno pic.twitter.com/bAYrMySXN9— Caritas Ambrosiana (@caritas_milano) November 25, 2020
Difatti, nonostante il millantato progresso e la perenne lotta per la affermazione della uguaglianza di genere, si può trovare assurdo dover ancora spiegare che, no, una donna non è un oggetto da possedere a piacimento!
Vale anche la pena ricordare che proprio in questo terribile anno, scosso dalla emergenza sanitaria, la violenza domestica ai danni delle donne è ulteriormente aumentata; complice la imposta permanenza a casa, la imposta chiusura dei centri di ascolto e la crisi economica.
Intendiamoci, la violenza non è solo fisica. Anzi, sovente si consuma anche tramite condotte tese a manipolare, denigrare, controllare la vittima; esercitando pressione psicologica di ogni tipo.
Troppo spesso, nell’affrontare questa delicata tematica ci si imbatte in una domanda: perché non lo lascia? Perché la donna non ha il coraggio di lasciare il suo carnefice?
Mi si permetta di dire che tale domanda è veramente troppo semplicistica e svilente rispetto una dinamica ben più ampia.
Spesso vi sono, infatti, dei complessi meccanismi psicologici che legano la vittima al proprio carnefice; altre volte, si innescano circostanze fattuali legate ai figli o alla dipendenza economica col rischio, concreto, di non aver mezzi per poter mantenere sé e la prole.
Alla ribalta delle cronache poi, dobbiamo leggere troppo spesso, del c.d revenge porn.
Un reato, intendiamoci subito! Introdotto nel 2019 che sanziona la divulgazione di esplicite immagine pornografiche.
Ebbene, leggiamo però, negli umori della opinione pubblica, come la vittima (spesso donna) sia essa stessa il suo carnefice.
Da ultimo, una maestra presumilbimente vittima di questo reato, ha perso il proprio posto di lavoro.
Si è preferito sanzionare moralmente la condotta di colei che ha deciso di farsi riprendere in momenti di intimità tralasciando la “goliardia machista” di chi, senza alcun consenso, ha fatto girare queste immagini!
Del resto, quante volte, in modo morboso, ci si sofferma sull’abbigliamento più o meno succinto di una vittima di stupro?!
E ricordando allora, un celebre processo, mi viene da affermare che ancora oggi la vittima viene fatta salire sul banco dell’imputato.
Questo è riprovevole!
Non solo! Questo mina l’autodeterminazione della donna tanto rispetto alle proprie scelte di vita (abbigliamento, luoghi e persone da frequentare, orari nei quali uscire) quanto alle proprie scelte sessuali.
Ieri, rispetto ad altro fatto di cronaca, abbiamo dovuto leggere, su una nota testata giornalistica, parole sessiste che hanno definito una violenza sessuale reiterata come “…tanto accanimento alla passera…”.
Fortunatamente c’è anche chi ci mette la faccia e lo fa senza mezze parole.
Mi riferisco al post di Claudio Marchisio, diffuso sui propri canali social, con il quale senza mezze misure, spiega quanto possa essere uno stronzo criminale chi diffonde immagini hard!
Ben fatto Claudio, te lo dico oltre ogni colore!
Giusto per chiarire la questione:
– "Il video hard della maestra" in realtà si chiama revenge porn.
– Il revenge porn è un reato, oltre che una terribile violenza.
– Fare sesso non è un reato (neanche per le maestre).
Lei è innocente. Lui un criminale, oltre che uno stronzo. pic.twitter.com/tpEMwJGGOe— Claudio Marchisio (@ClaMarchisio8) November 23, 2020
Peraltro, Marchisio ha tante volte preso nette posizioni rispetto a tematiche sociali di rilievo.
Ma è una goccia nell’oceano!
Siamo lontani anni luce da qualsiasi uguaglianza e, soprattutto, dal porre fine all’anacronistica distinzione di genere; assurdo fardello, ancora oggi, delle donne di tutto il mondo costrette a barcamenarsi senza sosta tra vita privata, scelte lavorative.
Devono preparare una riunione e pensare alla cena; devono decidere il proprio abbigliamento per non incorrere in sguardi inopportuni e complimenti non richiesti.
Marchisio ci aiuta a dare un calcio alla violenza ma la strada è irta e lunga.
Non è il caso di proteggere le donne – come vorrebbe la cultura maschilista – è ORA, invece, di insegnare ed educare ai bimbi maschi il rispetto.
Come? Iniziando a rifare i letti, ordinare, sparecchiare, dire grazie…
Nel 2020 le donne pensano e, pensate un pò, visto la nostra testata, parlano anche di calcio!
Fatevene una ragione!
E se sei una donna vittima di violenza: DENUNCIA! Hai supporto legale gratuito, ti saranno dedicati canali preferenziali quando andrai a sporgere denuncia, centri di ascolto con professioniste che ti aiuteranno.
Non sarai sola: DENUNCIA!
Annalisa Bernardini (donna – redattrice- avvocato – tifosa)