Il calcio che fa bene, conosciamo la Nazionale Italiana dell’Amicizia attraverso le parole di Walter Galliano

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Abbiamo conosciuto il mondo delle piccola Bea attraverso la Nazionale Italiana dell’Amicizia. Oggi abbiamo intervistato il suo fondatore, Walter Galliano, che ci racconta perché ancora una volta il Calcio può fare (del) bene

 

Il calcio che fa bene. Il calcio come solidarietà e rinascita. Come dare per ricevere in cambio un sorriso che ti fa cambiare le coordinate della tua anima. Sono tanti e più di mille gli insegnamenti che ONLUS come la Nazionale Italiana dell’Amicizia potrebbero impartire. Perché il calcio può fare bene e del bene. Può ridare un sorriso a un bambino. Può far riaccendere la fiammella della speranza a chi vive in un reparto di oncologia pediatrica. A chi ha perso la propria casa.

Una volta un giornalista chiese alla teologa tedesca Dorothee Solle: “Come spiegherebbe a un bambino che cos’è la felicità?” “Non glielo spiegherei,” rispose, “gli darei un pallone per farlo giocare”. La Nazionale Italiana dell’Amicizia  nasce così, dalla felicità che un calcio a un pallone potrebbe portare a un bambino speranzoso ancora di un mondo migliore.

Questo e tanto altro ancora ce lo ha raccontato in esclusiva su Gol di Tacco a Spillo il suo fondatore Walter Galliano, da sempre in prima linea per il sociale. Sociale che attraverso un pallone sa raccontarti tante microstorie di vita vissuta nel segno della solidarietà.

Come nasce la Nazionale Italiana dell’Amicizia?

La Nazionale Italiana Dell’Amicizia nasce nel 2012 dal desiderio di un gruppo di amici di rendersi utili verso il sociale, la decisione di aiutare bambini è stata immediata, essendo le creature più indifese della terra e che al tempo stesso rappresentano il futuro dell’umanità. Nasce con la consapevolezza che la malattie noi non possiamo guarirle, ma possiamo fare tantissimo per renderle più accettabili, strappando sorrisi insperati in situazioni di dolore. Questa è la vera magia della NIDA, la magia che ci ha permesso di trovare, e di farlo ogni giorno, tantissime persone con il cuore grande o che non sapevano di avere il cuore grande e andavano solo stimolate dal nostro entusiasmo.

Cosa ti ha spinto ad aprire una ONLUS?

Da sempre sono impegnato nel sociale, mia mamma fin da piccolo mi ha fatto apprezzare quanto sia gratificante e bello aiutare il prossimo in difficoltà. Mi reputo una persona molto fortunata, ho una bella famiglia, un lavoro che mi piace molto, e soprattutto la salute, la cosa più importante. Quando ho pensato alla Nazionale Italiana Dell’Amicizia, l’ho fatto ritenendo che dove non può arrivare il singolo, può farcela il gruppo. Da lì coinvolgere gli amici di sempre è stato un attimo e loro con grande entusiasmo mi hanno supportato e seguito in questa avventura.

Calcio & solidarietà, un binomio per tanti inconciliabile, come far capire che da un gioco “può nascere” qualcosa di positivo?

Il nostro è un calcio genuino, un calcio puro, in cui le convocazioni non dipendono dalla bravura tecnica/atletica, ma dalla bontà d’animo con cui svolgono l’attività di volontariato. Quando ho realizzato il centesimo gol con la maglia della Nazionale Italiana Dell’Amicizia, avevo preparato una maglietta celebrativa che diceva “ 100 gol con la NIDA…Non servono per il calcio che conta, ma contano per il calcio che serve”. Lo Sport con i suoi valori puri ritengo sia uno dei migliori veicoli per fare solidarietà. Usare la popolarità di certi sport, come il calcio nel nostro caso, togliendoli dall’ambito ormai quasi esclusivamente commerciali raggiunti a livello professionistico, per portarli in campi di quartiere alla portata di tutti, è stata una bella scommessa vinta. Tante vecchie glorie si sono appassionate al nostro progetto portando un bel messaggio di sport e solidarietà a contatto diretto con il pubblico partecipante.

Gli eventi che ricordi con maggior piacere?

Ogni singolo evento è scolpito nel nostro cuore, abbiamo aiutato bimbi malati, bimbi poveri, bimbi in difficoltà, e forse ancora di più le loro famiglie, che nel maggior caso delle volte si è poi lasciata contagiare dalla nostra energia positiva e si son o messi a loro volta a disposizione per aiutarci ad aiutare.

Un ricordo più bello e un evento che ti ha particolarmente commosso

Penso al primo evento, in cui davvero non sapevamo da che parte iniziare, quando entrati in una casa famiglia a Castellamare di Stabia nessun bambino si avvicinava a noi, finche il piccolo Michelino mi è corso in contro ad abbracciarmi una gamba, e gli altri poi hanno preso coraggio. Penso alla prima tribuna piena a Venaria quando abbiamo inaugurato l’associazione della piccola Bea “ Il mondo di Bea” che ci ha dato la consapevolezza di saper fare grandi eventi. Penso alla prima volta al Regina Margherita vestiti da supereroi e principesse con l’incontro con il piccolo Alexander di cui poi sono diventato padrino. Penso ai 3.500 del Primo Nebiolo con l’indimenticabile giro di campo con Bea. Penso al viaggio a Cuba, la visita all’Oncologico de La Habana, alla distribuzione dei doni ai bimbi di Guantanamo. Penso alla cena di Natale al Palaruffini in cui abbiamo cucinato e servito per 1.000 ospiti. Penso agli occhi dei bimbi terremotati quando il giorno della Befana ci hanno trovato vestiti da supereroi e principesse nella hall dell’albergo di San Benedetto del Tronto in cui erano sfollati con le loro famiglie.

E ne potrei citarne altri centinaia, a raccontare dei circa 400.000 euro raccolti e circa 2.500 bambini aiutati in poco più di 6 anni.

I prossimi progetti?

Abbiamo un progetto enorme, unico al mondo, che cambierà il modo di fare solidarietà, ma per ora preferisco per scaramanzia non parlarne, promettendoti che dovesse andare in porto, potremo fare un’intervista esclusiva a riguardo. Per il resto il nostro impegno sarà quello di continuare a fare sempre meglio quello che siamo capaci a fare, cioè strappare tanti sorrisoni a bimbi in difficoltà.

Una dedica alla piccola Bea. Sono previsti degli eventi in suo onore?

Fare preferenze tra i bimbi che abbiamo conosciuto non è possibile e non è giusto farne…a parte che per Bea. Siamo stati profondamente innamorati di lei, e lo saremo per sempre. Lei è la bimba che ci ha donato i superpoteri , lei è la bimba che ci ha regalato la consapevolezza della grandiosità delle cose che si possono fare quando dedichi il tuo tempo libero per prenderti cura di qualcuno meno fortunato di te. Il progetto di cui sopra, porterà il suo nome e quello della sua immensa mamma, sarà il modo più bello per ricordarla ogni giorno della nostra missione, ogni giorno della nostra vita. Il Derby dell’Amicizia, ideato per lei in questi anni, resterà l’evento in suo onore e ci permetterà di realizzare tanti progetti associativi.

Avete intenzione di creare qualche torneo anche alla memoria di Astori?

Ricordare grandi uomini è doveroso, perché è il modo migliore di renderli immortali. Astori era uno di questi, e cosa ha suscitato nei cuori di compagni, tifosi e addetti ai lavori con la sua morte prematura ne è la controprova. Ci piacerebbe ricordarlo, e con lui tutti i grandi uomini di Sport che ci hanno lasciato in modo prematuro. Sperando anche nella collaborazione delle società, che non sempre è cosi scontata, come ci è successo quando abbiamo voluto fare un evento in memoria di Morosini per aiutare la sorella disabile, ma che il Livorno non ha mai risposto e dato riferimenti utili per organizzare tale evento, ma questa è un’altra storia …riguarda il calcio che conta…

 

Giusy Genovese