Quello che l’Inter avrebbe dovuto fare dopo martedì era per forza di cose capitolare una vittoria e tornare ad agguantare i tre punti importantissimi psicologicamente ancor più che per la classifica. All’emergenza a centrocampo corroborata dall’assenza di Gagliardini e Joao Mario esclusi dalla lista UEFA, assenza enormemente pagata contro il PSV sopperiscono appunto quei due la cui assenza alla suddetta lista non sembrava così determinante all’alba di settembre e che invece, proprio nel giorno del giudizio si è palesata come mai.
Ma così come col PSV, anche contro l’Udinese, Spalletti scende in campo con il 4-3-3 ma a cambiare questa volta sono gli interpreti. Al posto di Perisic sulla panca, la titolarità sulla fascia sinistra porta il nome di Keita Balde, mentre dalla parte opposta il solito immenso Matteo Politano regna sovrano. In mezzo Mauro Icardi, che rispetto all’usuale 4-2-3-1 parte da posizione leggermente più arretrata con il preciso intento di sfruttare l’argentino non soltanto esclusivamente lì davanti come finalizzatore ma anche in quelle zone di campo – o di area – in cui la sua classe sopraffina può essere ben impiegata anche come ‘creatore’.
E infatti questa Inter sembra essere proprio una sua creatura di cui si prende onori ma soprattutto oneri e non a caso i tre punti sono frutto di una sua, solita, prodezza. Malgrado spedito sul dischetto per ‘grazia ricevuta’ quando la grazia sembrava esser stata concessa all’avversario, Icardi ‘voleva cambiare’ – stando alle sue parole – e con un cucchiaio splendido e magistralmente eseguito, supera Musso e segna il gol del vantaggio e dei tre punti.
E meno male che Icardi c’è, diremmo e diciamo, malgrado quella staccata che ha fatto di poco la barba al palo e che se fosse entrata avrebbe certo condito di un sapore diverso il tutto ma a non entrare ieri un po’ di tutto. Un po’ come contro il Parma quando l’Inter aveva provato ad imbucare innumerevoli palloni finiti per svanire nel nulla, anche ieri l’Inter apparecchia una tavola tutta nerazzurra.
Nei primi 45 minuti infatti, zero tiri in porta per gli ospiti che hanno subito impegnandosi solo a difendere. Non migliorata di troppo la situazione nella ripresa, l’assenteista Udinese del primo tempo ha provato a farsi vedere un po’ di più ma gli squilli bianconeri fin troppo labili per crear timori, impensierendo Handanovic fin troppe poche volte per concedergli due punti tanto immeritati. A non sprecare nulla ci pensa Mauro che non può tollerare un altro pari che varrebbe la disseminazione di altri due punti che l’Inter vuole di diritto.
Il solito Icardi, sempre più bomber e capitano
I punti raccolti dall’Inter arrivano su rigore, rigore di cui si prende responsabilità come sempre Mauro Icardi che prima di calciare, lì fermo su quel disco in gesso bianco sul manto verde, si notava confabulare qualcosa con se stesso. Con gli occhi di chi cerca in se stesso, Icardi non banalizza nulla e pure quello che può sembrare il più semplice delle azioni ma al contrario tutto fuorché semplice, il numero 9 lo imbastisce a mo di piatto succulento.
Un argentino più grande di lui un tempo disse che i rigori li segna solo chi ha il coraggio di batterli e Mauro, che in stagione ne ha fallato uno soltanto, questo non può sbagliarlo. Non lì, non in quel momento perché se c’era una cosa da evitare come la peste, quel qualcosa era proprio sbagliare.
Ma un capitano lo sa! Specie se rigorista e certe sensazioni le sente ancor prima di arrivarci su quegli undici metri e ieri Mauro più che l’intenzione ne ha sentito l’ispirazione e lui che non è certo nuovo nei cucchiai ma neppure il maestro, di fronte a Musso, aveva forse un po’ capito che il mach non sarebbe volto in una goleada, prendendosi briga e gusto di osare.
E ben venga perché Mauro Emanuel Icardi oggi di banale non ha più nulla, neppure le uscite fuori dal campo, ai microfoni quando dice di essere sereno in merito al rinnovo.
Niente pressioni, niente scivoloni e cadute di stile. Mauro ha capito e quel bomber nerazzurro oggi sembra essere davvero quel capitano di cui fino a qualche mese fa l’Inter agognava.
L’arbitro toppa e il VAR rattoppa
Sull’episodio del rigore la dice lunga l’arbitro e altrettanto lunga la dice il Var che, ancora una volta mette le pezze lì dove l’errore umano avrebbe consumato uno scempio. Se Calvarese al Var non avesse sollecitato Abisso ad andare allo schermo, staremmo davvero a parlare forse di un’altra partita: per il risultato prima di tutto, considerato sia stato il rigore la svolta, ma soprattutto più per le cronache da t-shirt gialla che per le cronache puramente calcistiche.
L’arbitraggio di Rosario Abisso infatti, è stato tutto fuorché certosino: se quel fallo su Politano ovviato con la regola del vantaggio ha fatto rumoreggiare non poco San Siro, la svista sul tocco di braccio di Fofana che il direttore di gara lascia correre fa esplodere chi dal divano con tanto di replay non può che contestare.
E da schermo a schermo, chi il monitor ce l’ha pure in campo non può non vedere ed è il già citato Calvarese che stoppa tutto richiamando l’arbitro della sezione di Palermo all’attenzione: tra quanto accaduto in area e incastrato dallo schermo e quanto deciso dall’arbitro c’è un ‘Abisso’ e l’arbitro non può che appurarlo, fa un passo indietro o qualcuno in più, torna in campo e indica il dischetto. Ancora una conferma dell’importanza della tecnologia lì dove a pullulare sono gli errori umani.
Egle Patanè