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Ho visto Maradona, ho visto el D10S del calcio

Nel giorno in cui si ricorda quanto sia sbagliata la violenza sulle donne, arriva come un fulmine a ciel sereno la notizia che non avremmo voluto sentire che ha tramutato il 25 novembre in un giorno ancora più triste

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Il 25 novembre 2020, per Napoli, per gli Argentini e per gli amanti del calcio, non sarà più una qualsiasi data di questo anno nefasto. Nel tardo pomeriggio, arriva la prima notizia dal giornale argentino “Clarìn”: Maradona è morto.

 

Si spera in una solita fake news. Nel giro di un’ora tutti i giornali riportano lo stesso. Fa il giro del mondo. E allora sì, è vero.

D10 è morto davvero. Tutti lo credevamo immortale. E’ morto e risorto così tante volte nella sua vita che sembra ancora tutto un sogno.

Non tardano a girare i messaggi d’organizzazione per scendere e ricordarlo insieme davanti allo stadio che lo ha consacrato come il migliore al mondo.

Davanti al San Paolo si radunano i tifosi,  un vero e proprio museo a cielo aperto, un santuario laico, costituito da sciarpe, lettere, bandiere, foto, striscioni, ricordi di tifosi azzurri che lo hanno vissuto ed altri che avrebbero tanto voluto vederlo dal vivo  e non attraverso uno schermo o attraverso i ricordi di genitori e nonni.

Nei Quartieri Spagnoli e a San Giovanni a Teduccio, davanti ai murales dedicati al Pibe de Oro, accade lo stesso. Fuochi, fumogeni e cori.

Nel clou della pandemia accade che a Napoli, zona rossa, e in Argentina, i tifosi e la gente come lui, povera, semplice scende in strada dimenticandosi delle norme anti-Covid, del distanziamento, del coprifuoco istituito per tutta Italia alle ore 22, delle mascherine no… per fortuna!

Dopo sette mesi che l’Italia è in ginocchio a causa del coronavirus, dopo che ha visto sfilare salme vittime della pandemia in corso (a tante non si è potuto dedicare nemmeno un ultimo saluto), ormai da due giorni una inarrestabile folla  si reca fuori lo stadio e nei luoghi a lui dedicati dove è inevitabile l’assembramento.

Atti d’incoscienza? Si. Atti di amore viscerale? Anche.

Napoli lo ricorda così, tra le critiche mediatiche e non, una città piena di contraddizioni come lo era il suo figlio adottivo diventato il Re della città azzurra, Diego Armando Maradona.

Poi però c’è chi lo ricorda anche nel rispetto di tutte le regole vigenti.

Il lungo messaggio fa il giro del web fino ad arrivare ad Hamsik che lo pubblica sul suo profilo Instagram:

Domani 26 novembre, alle ore 20:45, Napoli ricorda Diego Armando Maradona. Prima della partita, metteremo alle finestre luci e candele per D10S, e alle 21:00, dopo il minuto di silenzio, faremo partire da ogni finestra di Napoli il più grande applauso mai sentito nella storia della città. Grideremo il nome di Diego per far sentire al mondo che non lo dimenticheremo mai, che Diego è il nostro figlio e fratello più amato. Inoltrate e condividete a tutti i Napoletani. Forza Diego Per Sempre!!”

Genio assoluto del pallone con un lato oscuro, quello della droga e non solo, ha scritto pagine di storia del calcio con le sue prodezze e cavalcate poetiche sul campo verde.

Le sue invenzioni sulle praterie del calcio sono pura magia, pura architettura del talentuoso, estroso ed immaginifico genio della sfera di cuoio.

Stimato da personalità altissime, da Fidel Castro a Papa Francesco, suo grandissimo tifoso dopo che dell’Argentina, Pelè gli dà appuntamento in cielo per giocare insieme lassù, tanti, tantissimi sono i messaggi che ognuno, anche il meno tifoso di tutti, gli dedica. All’età di sessant’anni se ne va una delle figure più controverse, per un infarto, dopo un’operazione di qualche settimana fa subita alla testa.

Impresse nella città sono ancora le immagini ed i ricordi di quel 5 luglio 1984 che dopo una complessa trattativa sbarcò ai piedi di Partenope il pupillo argentino che non aveva mai legato con la realtà del Barcellona.

E con Napoli… fu subito un amore felice. Tre anni dopo, come traghettatore della squadra, portò il primo scudetto nella città che si dipinse di azzurro, e poi il secondo, e la Coppa Uefa, e la Coppa del mondo e… lui.

La Società del Napoli oscura lo scudetto azzurro sulle sue pagine social in segno di lutto e in occasione della partita di Europa League, gli dedica un minuto di silenzio ad inizio match, i giocatori azzurri si presentano con le maglie con impresso il numero 10 e quel nome che verrà tramandato di generazione in generazione e che mai nessuno dimenticherà. Insigne e il magazziniere Tommaso Starace gli rendono omaggio poco prima dell’inizio della partita, portando dei fiori davanti il mausoleo costruitosi dal giorno prima; a riflettori spenti Mertens fa lo stesso, appoggia il mazzo di fiori al suolo, si commuove, forse ancora sentendosi “in colpa” per aver superato come marcatore nel Napoli il più grande di tutti.

Il Sindaco De Magistris, da parte sua, ha già dichiarato la sua intenzione, seppur con tutte le difficoltà burocratiche, di voler rintitolare lo stadio “Diego Armando Maradona”.

Per i tifosi è come se fosse morto un figlio, Il figlio di Napoli, per Bruscolotti, ex capitano del Napoli dei tempi d’oro, è come se fosse venuto a mancare un fratello.

“Maradona era uno di famiglia” commentano con voce rotta alcuni tifosi fuori lo stadio.

Nella città Maradona non se n’era mai davvero andato: oltre ai murales, al centro storico si potevano trovare altarini, santini, omaggi e reliquie. Anche adesso non è andato veramente: Diego è, è stato e sarà eterno ed insuperabile. L’unico e vero Dio del calcio. Una leggenda non muore mai. 

 

Chi ama il calcio, ama Maradona. 

AD10S DIEGO

 

 

Valentina Vittoria 

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