Hirving Lozano da pacco a elemento imprescindibile
Il messicano dopo un inizio incerto e a tratti deludente è diventato un elemento insostituibile nella rosa di Gattuso.
Azzardato un paragone al rialzo con l’amatissimo ex argentino?
Napoli chiama, Centro – Sud America risponde.
Nella storia del Napoli, i calciatori provenienti dalla parte latina del nuovo continente sono entrati nel cuore dei tifosi per restarci a lungo.
Se non in eterno.
Da Maradona a Careca, da Alemao a Cavani, passando per Altafini, Sivori, Fonseca, Allan, Gargano, Campagnaro e anche il tanto vituperato Gonzalo Higuain, solo per citarne alcuni.
Dal Messico con furore oggi il Napoli vanta tra le sue fila uno degli acquisti più esosi della sua storia:Hirving Lozano.
Tanto voluto da Carlo Ancelotti e poi ritrovatosi in una situazione anomala e senza una vera e propria collocazione.
L’avvicendamento di Gattuso sulla panchina azzurra ha posto le basi affinché pian piano il venticinquenne attaccante trovasse la sua dimensione all’interno della squadra e rendesse effettivamente per il suo reale valore.
E così è stato.
Ad oggi Lozano è un elemento praticamente indispensabile nell’undici di Gattuso.
Nato ala destra ma utilizzabile anche su quella sinistra, ottimo nell’inquadrare la porta, ambidestro e altamente tecnico.
Cecchino e risolutivo quando serve, capace di creare gioco ed essere generoso con i compagni, “Chucky”, passato al Napoli nel 2019 dopo un biennio al PSV, è una pedina pressoché inamovibile.
Doveroso sottolineare come in molti, specie tra tifosi e addetti ai lavori, non abbiano rivolto al giovane parole confortanti e positive all’inizio.
Considerato addirittura un “pacco”, o appellato a mo’ di sberleffo come “Vargas 2”, ha fatto ricredere nel tempo tutti, tanto da meritarsi un paragone con un altro grande ex azzurro, rimasto nel cuore dei tifosi: Ezequiel Lavezzi.
Lo scugnizzo argentino, a Napoli dal 2007 al 2012, ha lasciato una traccia indelebile in Partenope.
Assist, gol, esultanze, simpatia, follia, aria da simpatica canaglia alla quale perdoni tutto, Lavezzi tecnicamente valeva molto da trequartista con una grande abilità nel saltare l’uomo palla al piede.
Come caratteristiche i due calciatori sono simili ma Lozano sostanzialmente inquadra meglio la porta, nota non da poco.
Accostarli, a distanza di anni, a qualcuno potrebbe apparire come un’eresia, un’inimmaginabile quanto azzardatissimo tentativo di fondere presente e passato azzurro.
In realtà l’azzardo non è così da temerari. Certo, i tempi sono cambiati come è cambiato il calcio, l’avvento del VAR ne ha modificato in buona parte l’assetto.
Lo ha – diciamolo senza troppi fronzoli- privato di un certo “romanticismo” e rivedere certe prestazioni di Lavezzi al limite del fuorigioco, riporta alla mente il calcio che fu.
Oggi siamo tutti più tecnici, forse freddi, schematici, pragmatici e meno romantici ma se la tecnologia va avanti, gli uomini restano uomini, con vizi e virtù, pregi e difetti.
E anche i paragoni allora si possono azzardare, in un’ottica che spazia dall’aspetto puramente tecnico al “pathos” che ogni singolo calciatore può suscitare nel tifoso.
Lozano è oggi, Lavezzi è stato e sarà tra “gli indimenticabili”.
A Napoli si sa, si mette cuore, cuore e ancora cuore ma se ne chiede tanto a chi sceglie la maglia azzurra.
Chi arriva, sa o impara presto che all’ombra del Vesuvio si ama così, fegato, testa e tanto cuore.
Simona Cannaò