“We can be heroes just for one day” scrisse; eppure il suo essere eroe non si è limitato a un solo giorno, perché il suo mito è uno di quelli che si protrarrà nel tempo e dimenticarlo sarà difficile se non impossibile.
11 gennaio 2016, lunedì, il mondo si sveglia con una traumatica notizia: la morte di David Bowie. Una morte inaspettata per chi non era a conoscenza della malattia contro la quale lottava ed è lei che ha vinto, almeno apparentemente perché è di questo che si tratta quando si parla di leggende del suo calibro, di morte apparente. Chi è leggenda non muore mai e ci penserà la musica a ricordarci chi fosse David Bowie, la stessa musica alla quale si è dedicato per tutta la sua vita fino alla fine, lasciando come ultimo regalo al mondo, o forse a se stesso, il suo ultimo album uscito il giorno del suo sessantanovesimo compleanno, l’8 gennaio.
La notizia resa nota sin dalle prime ore del mattino ha scosso il mondo che, tramite i social, ha espresso dolore e sgomento. A stringersi nel lutto anche il mondo calcistico, in particolar modo alcuni team inglesi quali Arsenal, Sunderland, Manchester City.
A ricordarlo anche da Mother Soccer su Twitter postando una foto in cui è ritratto lo stesso Bowie da bambino nella squadra di calcio della Burnt Ash Junior School, nell’anno scolastico 1957/58.
…There’s a starman waiting in the sky,
he’d like to come and meet us,
but he thinks he’d blow our minds…
he’d like to come and meet us,
but he thinks he’d blow our minds…
Buon ultimo viaggio Starman.
Egle Patané