Si dice che chi non ha mai visto giocare “Peppin il Folbér” non ha mai visto il più grande calciatore italiano di tutti i tempi.
Lui che con il pallone sganciato come un missile ha beffato difensori e portieri, lui che è stato due volte Campione del Mondo con la Nazionale italiana.
Uno stadio che porta il suo nome.
E dire che Giuseppe Meazza, leggenda del calcio del Bel Paese, è stato scoperto per caso mentre tirava calci per strada ad una palla di fortuna, fatta di stracci legati, nella periferia di Milano dove è nato e cresciuto.
Altri tempi, altro calcio sicuramente, quello di un periodo storico, gli anni trenta e quaranta del secolo scorso, dove in Italia era sbocciato da poco; e fu lui indubbiamente tra le prime stelle per la sua tecnica eccezionale, la creatività in campo, le finte improvvise ed impreviste quasi da show.
Un antesignano degli astri italiani di quello che in seguito sarebbe diventato lo sport nazionale per eccellenza.
Il debutto nella neonata Seria A del “Pepp” è nel 1929, diciannovenne, con la maglia dell’Inter, in una stagione che lo elegge capocannoniere grazie alle 31 reti segnate; ma in realtà ha appena diciassette anni quando viene inserito nella Prima Squadra neroazzurra e in una partita della Coppa Volta contro la US Milanese, segna due gol.
Un fuoriclasse come ben descrivevano i quotidiani dell’epoca; Gianni Brera dirà di lui:
“Grandi giocatori esistevano già al mondo, magari più tosti e continui di lui, però non pareva a noi che si potesse andar oltre le sue invenzioni improvvise, gli scatti geniali, i dribbling perentori e tuttavia mai irridenti, le fughe solitarie verso la sua smarrita vittima di sempre, il portiere avversario”.
Proprio nell’Inter, dove ha militato sino al 1940, si è celebrato maggiormente in suo talento, anche se nella sua carriera ha indossato in seguito le casacche di Milan, Juventus ed Atalanta.
E a proposito di casacche, Meazza è stato incisivo anche con quella Azzurra della Nazionale del Ct Vittorio Pozzo; 53 presenze e 33 gol segnati, Coppa del Mondo vinta nel 1934 e riconquistata nel 1938.
Particolarmente significativa la partita giocata contro l’Ungheria nei Mondiali del 1930: Meazza in quell’occasione realizzò la tripletta del 5 – 0.
Entrato per altri motivi nella leggenda il rigore calciato contro il Brasile nei Mondiali del 1938: in quell’occasione il Pepp va a segno nonostante l’elastico rotto dei pantaloncini che gli rallenta la corsa.
Meazza è stato un personaggio anche fuori dal campo, uno delle prime star del pallone; con la sua brillantina tra i capelli, la gardenia bianca all’occhiello di impeccabili completi gessati, ammaliante don Giovanni che si destreggiava egregiamente nel tango nei locali della Milano bene nei quali spesso tirava l’alba e nonostante tutto segnando reti poche ore dopo.
Per la cura di se che aveva, fu scelto come testimonial di campagne pubblicitarie di prodotti cosmetici, anche in questo caso un antesignano del settore, ritratto sulle pagine in bianconero delle riviste accanto agli slogan.
Finirà la sua carriera da calciatore ritornando all’Inter, per un’ultima stagione, quella del 1946 – ’47, chiudendo così il cerchio e dando l’addio al calcio giocato a 37 anni.
Il Pepp è mancato nel 1979 ma la sua stella non si è mai spenta e continua a brillare nello stadio di San Siro, intitolato a Meazza nel 1980.
Di lui si ricorderà tra le altre cose i modi bonari e quella ritrosia ad esprimere giudizi negativi su altri calciatori.
Di lui Sandro Mazzola disse:
“Mi ha insegnato a comportarmi da calciatore. Una volta rimproverai un mio compagno. Mi disse, in dialetto lombardo: “Uè pastina, io ho vinto due mondiali e non ho mai ripreso nessuno. Che sia l’ultima volta”.
Silvia Sanmory