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Giulia Orlandi, al bivio della vita sceglie con dolore di dire addio al calcio. Intervista alla ex centrocampista del Florentia

Alla base della scelta di Orlandi, l’incompatibilità tra il calcio e il lavoro e quindi la difficile decisione di appendere le scarpe al chiodo

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A 32 anni appende le scarpette al chiodo.
Giulia Orlandi ha legato la sua carriera alla Toscana, prima da capitano viola poi vestendo la maglia dell’Empoli e, infine, quella del Florentia San Gimignano.

fiorentina women’s

Dopo 20 anni di carriera a Firenze in Serie A, dopo aver disputato oltre 230 partite e dopo essersi tolta la soddisfazione di vincere uno Scudetto e una Coppa Italia con la Fiorentina ha deciso di giocare la sua ultima partita.

Il calcio per lei è stato una palestra di vita, le ha insegnato, come dichiara, a non arrendersi mai, a metterci la faccia, a prendersi responsabilità, a perdere, a soffrire, a lottare ma anche a vincere, a gioire, a vivere emozioni bellissime e uniche ancora più forti perchè condivise con il gruppo.

Come è maturata la decisione di dire basta? Cosa augura al movimento e alle future calciatrici?

Grazie alla disponibilità del club Florentia abbiamo avuto modo di porle alcune domande.

A 16 anni l’esordio in Serie A e ora decidi di lasciare il calcio giocato. Cosa ti ha indotto a questa scelta? Quanto hai ponderato sul da farsi?

Purtroppo sono arrivata a dover prendere questa decisione. Non è stato affatto semplice ma nella vita ci sono dei momenti in cui ti trovi davanti a un bivio e non puoi fare tutto, devi obbligatoriamente decidere. Non era più fattibile poter lavorare e fare calcio mettendo in entrambi i campi il 100% e quindi ho dovuto fare questa scelta. Sono anni che mi divido fra il lavoro e la mia più grande passione ma adesso anche il calcio si sta facendo sempre più serio, si inizia davvero a viverlo come una professione e per rimanere ad alti livelli devi fare l’atleta e questo vuol dire dedicarsi completamente ed esclusivamente allo sport.

Decidi di lasciare in un momento di crescita e a un passo dal professionismo: sei certa di aver preso la giusta decisione?

È un momento di crescita, è vero, ma sono sicura di aver fatto la scelta giusta perché ho dato tanto al calcio e il calcio ha regalato tanto a me, sono serena!

Pensi di diventare allenatrice o intraprendere sotto altre forme una nuova carriera nel calcio femminile?

Quello che sarà il mio futuro ancora è troppo presto per dirlo, devo metabolizzare ancora tutto quello che è successo ma vorrei continuare a rimanere in questo ambiente, vorrei poter ancora dare un contributo per crescere le generazioni future.

Cosa ti ha dato essere per tanti anni il capitano del Firenze e aver vinto uno Scudetto e una Coppa Italia?

Posso solo dire che cosa mi ha dato il calcio, indipendentemente dal ruolo o dagli eventi:
Persone!
Mi ha fatto incontrare persone con cui ho avuto modo di confrontarmi e crescere. Più di tutto restano i rapporti umani, i legami, la condivisione di sconfitte ma anche di vittorie!

Cosa ricorderai con piacere e cosa meno della tua lunga carriera?

Ricorderò le partite più emozionanti, episodi in campo e fuori che non si possono raccontare, ma solo vivere. Alla fine i momenti belli fanno dimenticare quelli che non lo sono stati. Quando arrivi in fondo e ricevi così tanto da ogni persona che hai incontrato nel tuo cammino, non puoi che essere soddisfatto e felice. Non avrei mai pensato di ricevere tutto questo affetto ma ne sono davvero felice perché significa che qualcosa di tuo negli altri l’hai lasciato.

Cosa ti ha dato questo sport?

Il calcio mi ha permesso di essere la persona che sono, ha rafforzato il carattere ed è stata
una vera palestra di vita.

Che consiglio senti di dare alle bambine che iniziano a praticare calcio?

Alle bambine che iniziano questo sport posso solo dire di metterci sempre il massimo impegno, di credere nelle loro potenzialità e di essere sempre al servizio delle compagne perché alla fine è sempre il gruppo che fa la differenza ed è la squadra che rende una
vittoria 100.000 volte più bella!

A tuo avviso, quanto manca ancora in Italia per arrivare alla parità tra uomini e donne?

In Italia si stanno muovendo piccoli passi; la strada è ancora lunga e difficile, sono anni che si parla di parità di diritti: prima non c’erano le condizioni ma adesso è cambiato qualcosa, e quindi trovo giusto che anche il calcio sia per le ragazze riconosciuto come una professione!

Un passo che diventa fondamentale se si vuole garantire una crescita costante del calcio femminile scongiurando così che sempre più atlete, come accaduto per Giulia, siano costrette a compiere scelte dolorose ma necessarie.

 

Laura Pressi

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