Il 18 agosto del 1943 – in piena Seconda Guerra Mondiale – nasce a Valle San Bartolomeo (quartiere di Alessandria) Giovanni Rivera. I suoi genitori erano temporaneamente lì per sfuggire al pericolo dei bombardamenti di cui era preda il centro cittadino.
Sin dai primi anni di vita, tra le vie del paese e all’oratorio Don Bosco, sembra non scollarsi di dosso quella sfera di cuoio che diventa nel tempo quasi il prolungamento del suo piede.
A 13 anni, proprio suo padre Teresio lo spinge a provare nella squadra dell’Alessandria guidata da Giuseppe Cornara.
Mostra subito le sue innate capacità. Partecipa a diversi campionati giovanili giocando da mezzala e a 14 anni debutta già in prima squadra.
L’anno successivo viene mandato in prova al Milan. Va benissimo a tal punto da essere prima acquistato in comproprietà e dopo tre giorni l’allenatore dei grigi Pedroni gli comunica che sarà schierato titolare e che esordirà in Serie A. Come punta per carenza di centravanti.
Nell’estate del 1960 – a 16 anni – arriva finalmente al Milan che lo aveva lasciato all’Alessandria che maturare ulteriormente.
Il suo primo anno all’ombra del Duomo sembra subito dimostrare la sua grande tenacia e sfrontatezza a tal punto da renderlo già pronto per un posto tra i titolari dei rossoneri.
La svolta ci sarà l’anno successivo con l’arrivo del nuovo allenatore Nereo Rocco che inizialmente considera il diciassettenne ancora immaturo per poter far parte di una squadra come il Milan che punta ogni anno a essere al vertice del campionato.
Paradossalmente invece risulterà proprio fondamentale nella cavalcata finale alla conquista dell’ottavo scudetto rossonero diventando così prepotentemente inamovibile nell’undici titolare.
Entra nel giro nella Nazionale italiana e spesso viene punzecchiato dalla stampa controbattendo spesso e criticando anche lo staff tecnico pagandone spesso le conseguenze. Come ad esempio l’esclusione del calciatore nella finale dei Mondiali del 70′ che ha portato alla sconfitta contro il Brasile e il suo impiego solo nei minuti finali a sconfitta ormai certa.
Con il Milan vince la bellezza di due Coppe Campioni, tre scudetti, quattro Coppe Italia, due Coppe delle Coppe e una Coppa Intercontinentale e conquista gli Europei nel 1968.
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Nella stagione 1966-67 indossa per la prima volta la fascia da capitano totalizzando anche 12 reti. Suo record personale fino a quel momento.
Nel 1969, quando ormai Rivera era conosciuto in tutto il Mondo, con 83 consensi vince il Pallone d’Oro. È il primo italiano nella storia del calcio ad aggiudicarsi il titolo di miglior calciatore del continente (a eccezione dell’oriundo Omar Sívori).
Continua spesso a polemizzare contro la terna arbitrale fino alla squalifica shock di nove giornate nella stagione 1971-72 dove contestò in maniera plateale per un rigore assegnato al Cagliari che segnò moltissimo l’intero campionato.
Nella stagione successiva raggiunge un nuovo e ultimo record personale di reti fatte a quota 17 raggiungendo il vertice in ex equo con Pulici e Savoldi.
Nel 1979 Gianni Rivera decide di abbandonare il calcio giocato all’età di 36 anni, dopo diciannove stagioni al Milan di cui dodici da capitano. Totalizzando 527 presenze e 127 gol in carriera e 60 presenze e 14 gol con la Nazionale italiana.
Il giorno dopo del ritiro di Gianni Rivera, il presidente del Milan Felice Colombo annuncia la nomina a vice presidente proprio dell’attaccante rossonero. Ruolo che ha poi mantenuto fino al 1986.
In concomitanza ai suoi ruoli dirigenziali a Milano, entra a far parte del mondo della politica nel 1987 ricoprendo vari ruoli al Parlamento e al Governo fino al 2001.
Nel 2010 viene chiamato dal presidente della FIGC Giancarlo Abete come presidente del Settore Giovanile e Scolastico della FIGC per poi passare nel 2013 alla guida del Settore Tecnico di Coverciano.
All’età di 74 anni, nell’aprile del 2017, conseguee il patentino per allenatore UEFA A. Nello stesso anno ottiene anche quello B creando subito dopo un’Academy con il suo nome.
Nel 2016 presenta un’autobiografia sulla sua vita intitolata “Gianni Rivera Ieri e Oggi. Autobiografia di un campione”.
Oltre 500 pagine di emozioni, rivelazioni, immagini, racconti, articoli di giornali che racchiudono tutto ciò che è stata la sua vita. Dall’Alessandria al Milan, al Pallone d’Oro, i Mondiali, la sua famiglia e tutto ciò che c’è stato dopo il calcio.
In ogni cosa che ha fatto nella sua vita, dal calciatore, al vice presidente, al deputato e ora creatore di un’Academy, ha sempre mantenuto il suo forte temperamento che lo ha contraddistinto.
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Per i più nostalgici, però, rimarrà sempre il “Golden Boy” del calcio italiano.
Raffaella De Macina