In molti si ricorderanno di Gianni Mura, storica penna de La Repubblica che dal 1979 allietava ogni lettore con le sue cronache sportive.
Negli anni si è districato dal calcio al ciclismo, alla buona tavola e ai vini diventando una delle firme più importanti del giornalismo sportivo mondiale.
La sua passione nasce a sorpresa durante il liceo classico. A quei tempi chi era molto bravo in italiano aveva l’opportunità di venire notato per poter fare gavetta nelle testate giornalistiche più celebri. Proprio in quel periodo La Gazzetta dello Sport cercava aspiranti scrittori.
Ci provò e dopo la gavetta scrisse un articolo che venne subito cestinato. E’ stato giornalista sportivo anche per il Corriere d’Informazione e per Epoca; ha lavorato anche per L’Occhio di Maurizio Costanzo.
Decise così di avvicinarsi ad un’altra storica penna, Gianni Brera, che lo accolse come suo allievo prediletto svelandogli segreti del mestieri e dispensandogli consigli per migliorare.
Diventarono inseparabili, uniti dal grande amore per la letteratura, la scrittura, la buona tavola e il buon vino. Insieme scrissero dei famosissimi mondiali 82’ dove l’Italia di Bearzot ne uscì vincitrice.
Nel 92′ però Brera morì in un incidente stradale e a Mura fu dato il compito più difficile di scrivere della morte del suo caro amico; le parole da tirar fuori in quei casi sarebbero state difficili per tutti ma a lui bastò scrivere:
“Ti sia lieve la terra, Giovanni. Comincio come avresti concluso tu se fossi morto io”.
Cos’altro avrebbe dovuto aggiungere? L’immenso senso di impotenza che lo attanagliava non poteva far altro che fargli raccogliere i cocci e diventarne inevitabilmente suo erede.
Nel tempo gli venne affidata una nuova rubrica domenicale sulla Serie A “Sette giorni di cattivi pensieri” che divenne la rubrica più longeva della storia del giornalismo con quasi 40 anni di storia.
Si è divertito scrivendo anche altre rubriche tra cui una di recensioni enogastronomiche con sua moglie Paola chiamata “Il Venerdì”.
Era un illustre della cronaca, riusciva a spaziare dal calcio al ciclismo, all’enogastronomia fino a scrivere dei libri tutti suoi; il primo nel 2007 sul Tour de France e intitolato “Giallo su Giallo” con cui vince il Premio Grinzane – Cesare Pavese per la narrativa. Nella stessa ambientazione riuscì a scrivere un altro libro l’anno successivo: “La fiamma rossa. Storie e strade dei miei Tour”.
Nel suo cuore c’era anche Ischia, a cui diede il titolo del suo secondo romanzo nel 2012 in cui raccontava le avventure dell’ispettore René Magritte, personaggio già presente nel suo primo romanzo.
https://twitter.com/chetempochefa/status/1241313844254949378?s=07
Un vero fuoriclasse, riusciva a trovare parole dove era difficile farlo per tutti gli altri. Era innamorato del ciclismo come un bambino nel grande paese dei balocchi.
Aveva trovato un soprannome per Marco Pantani, lo chiamava Pantadattilo e quando il ciclista morì, lui aprì la sua cronaca con “Pantadattilo ha chiuso le ali”.
Quattro parole talmente disarmanti da riuscire ad insinuarsi come una rapida pronta a travolgerti e a far scorrere quelle lacrime amare di chi a quello sport e soprattutto a quel campione ci ha sempre creduto e lo ha appoggiato anche nella disamina sul doping.
Mura era un giornalista vecchio stampo soprattutto nei tempi in cui si riusciva a parlare direttamente con i protagonisti di una gara e non come adesso in cui per avvicinarti ad intervistarli, che siano calciatori o corridori, c’è sempre un mediatore di mezzo (agente, addetto stampa o chi per loro) pronto a veicolare le parole e soprattutto a dire sempre le stesse senza anima né passione.
Quel giornalismo – ahimè – non esiste più ma lui, da buon maestro dell’arte dello scrivere, non si è mai arreso fino a quando, il giorno prima della sua morte, ha avvisato i suoi colleghi che non avrebbe scritto per la sua ineguagliabile rubrica domenicale perchè non aveva a disposizione giornali e computer per poter recuperare materiale su cui parlare.
Sempre attento a ogni singolo dettaglio e noi non potevamo di certo far passare la sua morte indisturbata, anzi, la sua morte ha reso noi tutti giornalisti e grandi amanti dello sport sicuramente un po’ più soli. Questa volta, quella stessa terra diventata lieve per il suo amico Brera lo sarà ora anche per lui. Buon viaggio!
Raffaella De Macina
Foto copertina: Gianni Mura