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Gianluca Vialli, carisma e umanità di un vero uomo squadra

Non importa la casacca indossata, Gianluca Vialli è stato l'uomo squadra del calcio italiano

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Spesso inizio le storie di calcio ambientando le prime righe in un cortile.

Anche questa volta lo farò, un cortile come simbolo di aggregazione tra bambini appassionati di calcio, un cortile grandissimo in quel di Cremona che diventa il ritrovo preferito per sognare di replicare le gesta di Mazzola, Rivera, Boninsegna…

Il cortile è quello della famiglia di Gianluca Vialli, che ben presto a furia di pallonate e partite improvvisate (perfezionate in oratorio) dimostra una particolare predisposizione e la stoffa di un futuro leader in campo.

Se ne accorge l’allenatore dei Pizzighettone che tessera il dodicenne Gianluca per la sua squadra. Ma ben presto arriva un’altra tessera e soprattutto una squadra più importante, la Cremonese, e Gianluca indossa la casacca grigiorossa del club.

A sedici anni esordisce nella prima squadra, in C1, stagione 1980 -81; l’anno successivo arriva in Serie B e nel primo anno del club nella serie cadetta anche grazie al suo apporto la sqaudra si salva mancando per un pelo la promozione in quella successiva.

Nell’estate del 1984 passa alla Sampdoria, che già da qualche mese lo aveva bloccato e il caso vuole che il suo esordio avvenga il successivo mese di settembre, proprio contro la sua ex squadra.

E’ un periodo d’oro per Gianluca che si trasferisce a vivere tra Genova Nervi e Bogliasco.

“Eravamo tutti legati alla società – racconterà in un’ intervista – andavamo persino a letto con il pigiama della Samp. La mattina andando a Bogliasco avevo sempre lo spettacolo assicurato: mare da un lato, verde dall’altro”.

Sono anni nei quali Vialli, fuoriclasse in campo, diventa un tutt’uno con la squadra e i suoi compagni.

Diventa Pisolo, nomignolo a lui affibbiato nel Club dei 7 nani.

La compagnia del ritrovo del giovedì sera al ristorante “Da Edilio” della quale faceva parte anche, tanto per citarne uno, Roberto Mancini ribattezzato Cucciolo.

Insieme i due ragazzi erano I Gemelli del Gol.

Per otto stagioni Vialli sarà uno dei simboli dei blucerchiati con i quali porta a casa quattro Coppe Italia, un Campionato italiano, una Supercoppa italiana, una Coppa delle Coppe.

Nel 1992 arriva a disputare la sua prima finale di Coppa dei Campioni, persa contro il Barcellona per 0 – 1. Questa sarà la sua ultima delle 321 partite giocate in blucerchiato.

Nell’estate del 1992 torna a fare breccia la Juventus, che già negli anni passati aveva tentato l’ assalto al campione.

Vialli era sempre stato irremovibile, già nel 1989 quando l’avvocato Agnelli in persona lo voleva.

Perchè la Samp era un gruppo prima che una squadra, “una grande famiglia” come ha ribadito più volte.

Ma in quell’estate l’idillio un po’ si incrina, complice anche l’allenatore Mantovani deluso dalla finale di Champions.

Gianluca accetta di passare ai colori bianconeri.

Le cose non vanno inizialmente come ci si aspetta. Vialli, anche a causa di problemi fisici e tattiche di gioco, sembra quasi tramontato.

Il Trap prova a metterlo a centrocampo ma l’esperimento è deludente.

Sarà l’arrivo di Marcello Lippi nella stagione ’94 -’95 a buttare giù dal letto Pisolo, facendone il perno del tridente bianconero con Ravanelli, Baggio e poi Del Piero.

Quella di Vialli è la Juve che trionfa nella Champions battendo l’Ajax nella finale di Roma del 22 maggio 1996. 

E le immagini di quell’evento ci riportano il capitano Stradivialli (come lo aveva ribattezzato Gianni Brera) che alza l’attesissima Coppa al cielo in un impeto di felicità.

Considerato concluso il suo ciclo a Torino, sfruttando la sentenza Bosman, da svincolato approda in Premier e, insieme ad altri italiani (Di Matteo e Zola), sposa il progetto ambizioso del Chelsea.

A Londra, nella stagione d’esordio vince subite la FA Cup.

Insomma, dici Vialli dici trofeo…! Ma sarà l’annata successiva quella degna di particolare nota.

Nel febbraio 1998, quando, a causa di un rapporto non idilliaco con il player manager Ruud Gullit sembrava sul punto di concludere anzitempo la sua avventura Blues, l’allora presidente del club Ken Bates, dopo le dimissioni dell’olandese, gli affida l’inedito doppio ruolo di giocatore-allenatore (e dal 1999, unicamente di allenatore).

Annche in questa veste Gianluca Vialli, che di carisma ne ha sempre avuto da vendere, non sbaglia e colleziona FA Cup, Coppa di lega, Charity Shield, Coppa delle Coppe e Supercoppa europea.

La sua esperienza londinese si chiude però con l’esonero nel settembre del 2000.

Nel 2001 accetta la panchina del Watford, ma dopo una sola stagione, senza successi, abbandona la carriera da allenatore. 

Dopo anni da opinionista e commentatore sportivo, nel 2019 viene prima nominato dalla FIGC, insieme a Francesco Totti, ambasciatore italiano per il campionato d’Europa 2020 poi capo delegazione della nazionale italiana, allenata dall’ex compagno Roberto Mancini.

In questa veste dirigenziale, e grazie all’alchimia unica con Mancini, è stato artefice nella costruzione di un clima positivo nel team azzurro che ha trionfato a EURO 2022.

C’è tanto di Vialli in quel suo ultimo successo, in  quel suo ultimo trofeo abbracciato e baciato. C’è lo spirito di un guerriero che dal 2017 ha scoperto di avere il tumore al pancreas ma che non ha nascosto le sue paure, UMANE… perchè sì, Vialli è stato un grande calciatore, un vincente ma ciò che lo ha reso così amato è sempre stato il suo lato umano che solo un VERO UOMO SQUADRA sa avere.

 

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