Era il 30 maggio 1994 quando il capitano del secondo storico scudetto giallorosso decide di mettere fine alla sua vita, esattamente 10 anni esatti dalla finale di Champion’s che la Roma perse contro il Liverpool. A nulla bastarono i ricordi degli anni di gloria e l’affetto immenso dei tifosi che mai lo dimenticarono. Quel buco nero in cui si sentiva chiuso era più forte di tutto questo. E il calcio, che un tempo gli portò successo, fama, stima, divenne poi l’artefice di quella fine tragica, voluta.
A distanza di 20 anni il ricordo di Agostino Di Bartolomei rivive a teatro. A Roma, nella sua Roma, attraverso le parole e la vita di Marco, un ragazzo cresciuto alla Garbatella che riuscì a far diventare quella fortissima passione per il calcio un lavoro. Anche lui giocatore, trascorse gli anni agonistici sperando nel grande salto. Perennemente panchinaro, mai avrebbe immaginato che il giorno della sua svolta avrebbe coinciso con la morte di quel campione diventato nel tempo suo amico.
Inizia così lo spettacolo Garbatella Futbol Cleb. In un tripudio di suoni, allegria, gioia, fra una suora irriverente e simpaticissima e degli allegri ragazzi che fanno del calcio una particolare e personalissima rincorsa al pallone, un uomo inizia a meditare sulla sua vita. Sugli amori finiti, le amicizie tradite, le disillusioni e le ferite. I ricordi sono dei flashback che irrompono fra un fischio d’inizio e un calcetto al pallone, come a volerci ricordare che la vita è davvero una partita di pallone. A volte sei mediano, altre un attaccante, altre volte sei costretto a giocare in difesa. L’importante però è arrivare al triplice fischio finale consapevoli di come abbiamo giocato, e fare in modo che l’allenatore che è rimasto a guardarci lì seduto in panchina, possa darci quella gratificante pacca sulla spalle prima di entrare nello spogliatoio.
Con quella lettera Marco vuole lasciargli un messaggio, e lasciarlo a tutti noi, ovvero che la vita puoi ritrovarla solo nelle cose semplici, essenziali.
Garbatella Futbol Cleb vuole farci ridere senza mai smettere di riflettere. Vuole essere ironico senza mai smettere di essere profondo. E ci riesce.
Teatro Golden
Fino al 2 febbraio
Di Michele La Ginestra e Adriano Bennicelli
Con Federica Rizzo (viola) Carla Tutino (contrabbasso) Stefano Calderano (Chitarra)
E con: Emanuel Caserio, Ida Basile, Giulio Benvenuti, Alessandra Micozzi
Regia di Roberto Marafante
Giusy Genovese