“Con Gaetano Scirea se n’è andata una delle facce più pulite del nostro calcio”.
(Gianni Mura)
Se n’è andato in un soffio, lui, la sua faccia e i suoi modi puliti, su un’anonima strada dissestata tra Varsavia e Cracovia, costeggiata dalle case di mattoni rossi anneriti dal carbone delle miniere, su una vecchia 125 Polski, per un sorpasso azzardato del conducente.
E’ il 3 settembre del 1989, una calda domenica d’estate e di campionato, la Juventus vince per 4 – 1 contro il Verona grazie alla doppietta di Schillaci e ai gol di Fortunato e Marocchi; esultano i giocatori bianconeri ma all’improvviso anche loro, come il mondo del calcio, si ammutoliscono di fronte alla notizia della morte improvvisa ed inaspettata di Gaetano Scirea, campione del Mondo nel 1982 con la Nazionale nella notte magica di Madrid e campione d’Europa con la sua Juventus nella tragedia dell’Heysel.
Di ruolo libero, portato sempre ad esempio di correttezza e di grandezza, di educazione e di onestà, Scirea è stato un indiscusso fuoriclasse e un buono anche in campo (nessuna ammonizione ed espulsione in 16 anni di carriera) tanto che Trapattoni lo ha definito più volte come un leader sì, ma con il saio; un calciatore umile che ha sempre rispettato l’avversario, molto carismatico seppure di poche parole, dotato di spessore umano e di qualità fuori dal comune secondo Boniperti.
Scirea è stato il calciatore simbolo della Vecchia Signora (della quale è stato Capitano dall’84 all’88) tra gli anni ’70 ed ’80 e con la maglia bianconera ha vinto sette titoli di Campione d’Italia, detenendo tra l’altro per molto tempo il record di presenze nella squadra (ben 552).
Gaetano inizia a tirare i primi calci a Cernusco sul Naviglio, all’Oratorio, come avviene per la maggior parte dei calciatori italiani della sua generazione; lui, cresciuto in una famiglia di origine siciliana trasferita al Nord, si perfeziona nel gruppo sportivo Serenissima di Cinisello Balsamo; sarà proprio un dirigente di questa squadra locale a portarlo nelle giovanili dell’Atalanta con l’esordio in Seria A nel settembre del 1972 contro il Cagliari; in quella prima partita si mette in luce per la sicurezza con la quale porta avanti il suo nuovo ruolo di libero, dopo aver giocato soprattutto come centrocampista.
Arriva alla Juventus (che già lo aveva da tempo attenzionato) per sostituire Sandro Salvadore nell’estate del 1974 e viene inserito in una difesa formata da Morini, Cuccureddu, Gentile e Spinosi con la quale sin da subito il feeling è perfetto; talmente perfetto che diventa titolare in modo stabile contribuendo a fare vincere alla Juventus il sedicesimo campionato.
Con la Juventus, Scirea vince sette scudetti, 2 Coppe Italia, una Coppa Intercontinentale, una Supercoppa, Coppa del Campioni, Coppa Coppe, Coppa Uefa.
Vince e stravince Gaetano dalla faccia pulita.
Immenso e potente in difesa, in centrocampo e in attacco.
Vince senza esultanza troppo enfatizzata, come si addice ad un uomo misurato come lui. Le cronache riportano soltanto una volta, in particolare, nella quale Scirea si è lasciato giustamente andare all’esultanza, un derby che il Torino stava guidando ma che lui riuscì a ribaltare con un doppio gol…
Per dirla alla Zoff (di cui Scirea è stato allenatore in seconda ed osservatore):
“Gaetano non era il tipo da rincorrere miraggi di protagonismo; sarebbe stato un ottimo allenatore perchè sapeva convincere e gli piaceva insegnare, avrebbe saputo farsi ascoltare da tutti”.
Anche solo con uno sguardo.
Silvia Sanmory