L’immagine iconica di Francesco Guidolin è quella dei ragazzi dell’Udinese che lo sollevano in aria. Il campionato si è appena concluso: l’Udinese chiude al terzo posto e conquista per la seconda volta l’accesso ai preliminari di Champions League, sempre con lui, il mister silenzioso, l’antidivo.
Guidolin è un uomo introverso e umile, che nutre un’ autentica passione per la bicicletta: una sorta di stile di vita, quella del ciclista alle prese con le salite – dello sport come della vita – per le quali non ha mai amato trovare escamotages o scorciatoie. La salita in bicicletta è anche un’efficace metafora della sua carriera sulle panchine, a volte con il fiatone, a volte di sprint feroce, ma sempre lottando con se stesso, alla ricerca di migliorarsi, sempre.
Francesco esordisce come allenatore in Serie A nel 1993 a soli 38 anni, con un’esperienza all’Atalanta a dir poco traumatica: arrivato nelle vesti di ‘profeta’ dell’eredità sacchiana, viene esonerato dopo 10 partite e sei sconfitte, con ben 21 reti subìte. Ma quel sentore di profezia non era errato: solo quattro anni più tardi alla guida del Vicenza conquista la Coppa Italia, clamorosamente, battendo il Napoli in finale.
(immagine storie di calcio)
Il Vicenza, la stagione successiva, arriva in semifinale di Coppa delle Coppe uscendo contro il Chelsea di Gianfranco Zola: è un’occasione ghiotta, che con un pizzico di fortuna Guidolin avrebbe potuto portare a casa. Chi è bravo non è fortunato, si dice: ancor di più nel caso del mister, il cui lavoro non prevede l’apporto della Dea Bendata, ma solo tanta fatica.
La sua prima esperienza a Udine è brevissima, si interrompe subito per incomprensioni con Pozzo. Nel mentre che il destino lo riporterà in Friuli, ecco che arriva la sfida del Palermo di Zamparini, dalla B alla storica promozione; lo stesso farà più tardi con il Parma, centrando la massima serie al primo tentativo, come con i rosanero.
(immagine ultimo uomo)
Ma ecco che, in entrambi i casi, Guidolin, arrivato a quello che per lui è il punto massimo, sterza e cambia rotta: sempre incuriosito, attratto da nuove battaglie per il suo animo irrequieto. E’ per questo, sostanzialmente, che ritorna a guidare l’Udinese, la squadra che in assoluto gli ha dato e gli ha tolto di più. A Udine arriva la Champions, il palcoscenico europeo, per ben due volte di fila; il record di punteggio per la squadra in Serie A e la Panchina d’Oro. Il tutto lavorando sodo, progettando e lavorando ancora. Senza sosta. Nella gioia dei festeggiamenti di quel 2012, alle telecamere, ammetterà di essere stremato.
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Perchè a Francesco nessuno ha mai regalato nulla: ha saputo perdere, incassare, vincere e ricominciare, tutte le volte con lo sguardo pulito di chi si vuole guardare con onestà allo specchio.
Del resto, le salite sono così: c’è da tener duro per arrivar in cima. Sapendo che, quando poi sei sceso, c’è subito da pedalare ancora.
Auguri Mister, la Serie A sente la tua mancanza.
Daniela Russo