Giovane ma matura.
Sognatrice ma realista.
Calciatrice ma anche studentessa.
Questo è il ritratto di Francesca Venia, l’attaccante classe 2000 della Roma femminile, che grazie alla “Music and Sport Management” abbiamo avuto il piacere di intervistare.
Come molte sue colleghe, è una ragazza che ha creduto e lottato per la sua passione, nata sin da bambina e che da subito l’ha posta dinazi ad ostacoli.
“Non è stato facile, né per me né per i miei genitori – ci dice-. Loro non sono amanti del calcio e quando ho deciso di portare avanti la mia passione con una squadra, non erano concordi, probabilmente anche perché non esisteva una squadra femminile (e si sa, un genitore cerca sempre di evitare ostacoli e difficoltà ai figli). Quando hanno capito che il mio desiderio e la mia passione erano molto più potenti delle difficoltà che avrei potuto trovare mi hanno supportato e seguito fino ad oggi.”
Infatti, i suoi genitori volevano evitarle di subire lo scetticismo e la discriminazione altrui e tutta una serie di inevitabili strade tortuose che avrebbe incontrato.
“I primi 3 anni, ho giocato con squadre maschili: era difficile integrarmi, non ero ben accetta,
anzi ero motivo di paragone e derisione.”
Farsi accettare dai coetanei su un rettangolo verde è stata la prima grande prova che ha dovuto affrontare.
“Ma che fai la passi ad una femmina?” oppure “Guarda quello, si è fatto scartare da una femmina!”.
La sua presenza metteva in discussione capacità ed orgoglio dei bambini con cui giocava ma, Francesca ci dice, anzi si sente di dover ringraziare, i numerosi genitori che l’hanno sempre elogiata e apprezzata, alleggerendo con gli anni le tensioni dei figli.
Un altro ostacolo che la giovane Francesca ha dovuto superare riguarda la posizione in campo. Nata trequartista, due anni fa, è stata “trasformata in attaccante”, ma ci racconta che non è stato semplice accettare e calarsi nel nuovo ruolo che, ad oggi, però, sente totalmente suo.
“Inizialmente ho approcciato male questa scelta; il ruolo di attaccante era sempre stato un tabù per me perché rappresentava la paura di avere un ruolo decisivo, ricco di responsabilità e aspettative da soddisfare. Per fortuna, con il trascorrere del tempo, anche con l’aiuto del mister, ho imparato a credere nelle mie capacità, ho iniziato ad abbattere i miei muri, fino a sentire mio il ruolo e la zona di attacco.”
Nel ruolo di attaccante, passo dopo passo, Francesca dopo un anno in Primavera è stata promossa stabilmente nella Prima Squadra della Roma e oggi milita in Serie B.
“Ricevere fiducia ed essere promossa in B è stata la soddisfazione che mi ha ripagato di tutti gli sforzi e sacrifici fatti.”
Ma la vita di Francesca non è solo calcio.
Una delle sue passioni è la cucina e così, ha deciso di iscriversi all’Università scegiendo un innovativo indirizzo incentrato sulle scienze e culture enogastronomiche, nonostante coinciliare attività agonistica e studio comporti ulteriori complicazioni.
“Sono molto orgogliosa della mia scelta, credo che questo indirizzo per me, sintetizzi a pieno un innato interesse e curiosità per l’imprenditoria alimentare e della ristorazione. Una passione per la cucina che coltivo da anni e una predisposizione per le materie scientifiche, soprattutto nell’ambito della nutrizione. Sicuramente portare avanti le due attività è abbastanza impegnativo – aggiunge a riguardo- soprattutto per gli spostamenti quotidiani . Diciamo che, con il covid e il passaggio alle lezioni online sono stata agevolata da questo punto di vista. L’unica soluzione, come la maggior parte delle calciatrici odierne sa, è avere determinazione e spirito sacrificio.”
Come molte sue colleghe, sa che ancora oggi, una calciatrice deve prendere in considerazione “un piano B” o è costretta a dover lavorare per vivere. Francesca è concorde con noi nel considere tutto ciò una minaccia non da poco per l’evoluzione agonistica del calcio femminile italiano (tutto).
“Il non poter incanalare le proprie energie solo nel calcio è nettamente determinante per un atleta. A livello mentale e fisico siamo costrette a distribuire le energie, l’impegno e le preoccupazioni in altri obiettivi e custodire sempre, in modo parallelo un “piano B” che ti permetta una sicurezza economica: inevitabilmente tutto ciò impedisce di focalizzarsi a pieno sul calcio, e quindi la crescita atletica rallenta in modo decisivo.“
Indubbiamente, benchè rispetto al passato si siano compiuti enormi passi in avanti ma, ancora oggi, molte calciatrici sono costretti a fare delle scelte tra pallone e professione.
E’ per questo che Francesca ha compreso l’importanza di coltivare più interessi non senza coltivare il sogno di poter lavorare con la propria passione.
“Credo sia per tutte le calciatrici quella speranza dura a morire: chi non sognerebbe di lavorare con la propria passione?! Aldilà di questo, come dicevo prima, bisogna essere sempre pronti agli ostacoli e gli imprevisti…”
Quel che però mi preme sottolineare è che, benchè Francesca, durante tutta la chiacchierata, abbia definito il calcio una passione, in realtà, quasi al momento dei saluti, è emerso che per lei, il calcio, è molto di più:
“Il calcio è, ed è sempre stata la mia fonte di energia, un rifugio dove gettare tutte le ansie e pensieri in cambio di sorrisi, sfide e obiettivi. Le emozioni, i traguardi e le soddisfazioni che mi hanno saputo dare il campo e le compagne in questi anni rappresentano la mia idea di felicità!”
Caterina Autiero