Fallimento Parma, una “voragine” da 218 milioni

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Dopo l’arresto del presidente Manenti mercoledì mattina e il fallimento del club decretato dal giudice fallimentare ieri pomeriggio, alle 7.30 di questa mattina, una decina di auto della Guardia di Finanza e dei Carabinieri sono entrate nel centro sportivo gialloblù. Alcuni dirigenti del club, fra i quali l’ex presidente Ghirardi e l’ex amministratore delegato Leonardi, hanno varcato il cancello della sede accompagnati dai finanzieri, che avrebbero messo i sigilli ad alcuni uffici. Durante le perquisizioni sono stati raccolti documenti e materiale informatico. Sarebbero circa una settantina le ispezioni effettuate. Oltre allo Stadio Tardini e al Centro Sportivo di Collecchio, gli agenti hanno fatto controlli nell’abitazione dell’ex presidente del Parma Tommaso Ghirardi e negli uffici dell’azienda di famiglia a Carpenedolo. I debiti complessivi del Parma ammontano a 218.446.754,61 e, secondo il giudice Pietro Rogato, “lo stato di insolvenza appare conclamato ed irreversibile”.

Un crac annunciato ma con numeri ben più gravi e pesanti di quelli resi noti nelle settimane scorse. Una voragine che però può permettere comunque alla squadra di completare il campionato: “E noi faremo di tutto per giocare domenica“, ha confermato il curatore fallimentare Alberto Guiotto. Stesso parere anche per il presidente della Figc Carlo Tavecchio, che ha ribadito come oggi siano state “gettate le basi per l’auspicabile salvataggio della società” con l’apertura di una nuova fase che consente il proseguimento dell’attività. Sul presente si può essere ottimisti grazie ai cinque milioni che dovrebbero garantire la gestione del club sino a fine anno e uno sponsor pronto a riaprire il Tardini per il match con il Torino. Più difficile immaginare il futuro visto l’enorme debito sportivo, superiore a quanto ipotizzato fino a oggi. L’ipotesi di una ripartenza da una serie inferiore diventa sempre più concreta.

Barbara Roviello Ghiringhelli