A 40 anni compiuti, l’attaccante stabiese saluta il calcio. Una vita sui campi, sempre segnata da professionalità e correttezza
Venti anni sui campi che contano, tante squadre, scudetti, riconoscimenti.
La carriera di Fabio Quagliarella è stata lunga e intensa ed ora, come è naturale che sia e viste le condizioni fisiche inaccettabili per continuare a correre sui campi, come da lui stesso dichiarato), è giunta al termine.
Dagli esordi nelle giovanili del Torino fino alle squadre della massima serie come Sampdoria, Udinese, Napoli, Juventus, passando per la nazionale, Quagliarella ha sempre incarnato il giocatore nel posto giusto, al momento giusto.
Centravanti, prima punta, attaccante esterno ed anche trequartista.
Oltre la barriera del centrocampo, c’è sempre stato lui, col suo tiro potentissimo anche a grandi distanze, i colpi di tacco, gli assist e perfino le rovesciate.
Venti lunghissimi anni di battaglie in campo, tante luci, il sostegno dei tifosi, e, purtroppo, quell’onta subìta quando era in forza al suo caro Napoli.
Una storia orrenda in cui è stato vittima di stalking e che, taciuta per anni, ha portato il calciatore verso Torino, sponda bianconera (dove, peraltro, ha vinto tre scudetti e una Supercoppa italiana), scatenato le ire dei tifosi partenopei, che lo accusarono di essere un traditore.
Un’offesa insopportabile per i tifosi del Napoli, che per anni non hanno visto di buon occhio il bomber stabiese, salvo poi l’emergere della verità tremenda dietro tutto e ricucire un rapporto di stima e rispetto.
Fabio Quagliarella, salutando il calcio giocato, sa che da domani avrà una storia d’amore da raccontare lunga anni ed ora che le scarpe con i tacchetti sono state appese al chiodo, si reinventerà magari una nuova fase della propria vita, restando quell’uomo d’amore, per parafrasare il Maestro Luciano De Crescenzo, che ha sempre dimostrato di essere in campo e fuori e perciò amatissimo non solo dai tifosi delle squadre in cui ha militato ma anche da chi il calcio, nella sua totalità, lo ama davvero.
Buona fortuna, Fabio.
Simona Cannaò