Fabio Grosso, il goleador che non ti aspetti ti porta sul tetto del Mondo
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I riccioli neri al vento.
Lo stupore stampato sul volto che si trasforma in un impeto di gioia fragorosa, come non può che essere, condivisa con gli altri Azzurri, braccia e pugni alzati al cielo.
Nella memoria collettiva di quella semifinale dei Mondiali 2006 contro la Germania resta fissata la sua incredulità.
L’incredulità di molti, a dire il vero.
Perché lui è il goleador che non ti aspetti.
L’eroe per caso, lui con quel pò di goffaggine nella corsa per la sua altezza, lui che quando giocava nel Teramo in C2 era spesso in panchina perché considerato un pò scarso.
Eppure stende i tedeschi e sconfiggerà ai rigori anche i francesi, calciando il tiro decisivo dagli 11 metri: au revoir les amis, la Coppa del Mondo è nostra.
Fabio Grosso è diventato l’uomo simbolo e l’eroe sportivo dell’Italia in quella partita di Dortmund del 4 luglio 2006, in casa dei tedeschi, dove non avevano mai perso.
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A un minuto dalla fine, con lo spettro dei rigori a decidere l’esito della partita, la sua rete in girata consegna alla Nazionale italiana le valigie per andare a Berlino, per andare alla finale, con in sottofondo l’italico “popopopopopo” che in quella calda estate l’intera penisola cantava.
Fabio Grosso non era certo, almeno sulla carta, il predestinato a fare faville, il blasonato campione in campo: nel suo curriculum da calciatore il Chieti, il Teramo, il Perugia e due stagioni al Palermo.
Non proprio un curriculum che deponeva a suo favore anche se in campo la storia insegna che gli imprevisti e gli imprevedibili ci sono sempre e che di conseguenza non si deve sottovalutare neppure chi come lui era stato definito un “terzino normale”, il meno allettante a rientrare nella categoria dei sorprendenti.
Nato a Roma nel 1977, cresciuto in Abruzzo, inizia a giocare in una squadra di Pescara prima e in seguito al Chieti.
Fabio più che un calciatore è uno studente di Scienze Politiche con l’hobby del calcio.
Ma le cose si dispongono per andare diversamente.
Il salto dalla C2 alla Serie A avviene nel 2001; notato dagli osservatori della squadra, passa al Perugia e fa il suo esordio in Nazionale nel 2003.
Nonostante questo salto di qualità nel 2004 accetta di tornare in Serie B per abbracciare il progetto del Palermo e riesce a conquistare nuovamente la massima serie con i rosanero; non solo: con il Palermo si aggiudica il titolo di uno dei migliori terzini del campionato e grazie alla qualità viste in campo soprattutto la convocazione nella ben nota Nazionale del 2006.
In quell’anno Grosso viene ceduto all’Inter, squadra con la quale vince il suo primo scudetto pur non trovando la continuità di gioco che aveva con i rosanero; nell’estate del 2007 arriva la chiamata dell’Olympique Lione dove ritrova la grinta tanto da essere impiegato sempre e vincere tra l’altro la Supercoppa e Coppa di Francia.
Alla Juventus arriva nell’estate del 2009; la sua maglia bianconera ha il numero 6, lo stesso che aveva indossa il fuoriclasse Scirea.
Dopo una prima stagione abbastanza fortunata, Grosso viene escluso dalla rosa e utilizzato sporadicamente, solo per sostituire gli infortunati.
Quando la società torinese decide di venderlo, si impunta e preferisce ritirarsi.
Nel 2013 inizia la sua carriera di allenatore con la Primavera della Juventus per poi passare nel 2017 sulla panchina del Bari.
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Dopo l’esperienza sulla panchina del Verona, attualmente è l’allenatore del Brescia.
Con le Rondinelle sogna di rimanere in Serie A… e chissà che non vesta di nuovo le vesti di Eroe.