Euro 2020 con Carlo Nicolini, tra Turchia, Ucraina e Italia

Chiacchierando con Carlo Nicolini sulle Nazionali a lui più care: la Turchia, l'Ucraina e l'Italia. La sua opinione sui giovani

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Fonte immagine pag uff Twitter Shakhtar

Carlo Nicolini, nato in Italia, pioniere del calcio tra la Turchia e l’Ucraina.

Nato a Caino, presso Brescia, Carlo Nicolini trova la sua strada nel calcio come preparatore atletico.

Negli anni’90, assieme a Adriano Bacconi, inaugura un progetto di elaborazione dati per le società di Serie A e B, la Digital Soccer Project (poi Panini Digital).

Proprio nella sua città d’origine conosce Mircea Lucescu, l’allenatore di Bucarest con cui inizierà un sodalizio di anni di soddisfazioni.

Un sodalizio, potremmo dire, di una vita professionale, che non si è mai interrotto dalla panchina del Galatasaary, a quella del Besiktas passando per lo Shakhtar Donetsk,  fino alla Nazionale turca.

Una valanga di trofei conquistati, anni d’oro, soprattutto in Ucraina: cinque titoli di fila dal 2010 al 2014, una Coppa Uefa nel 2009.

Oggi Carlo Nicolini è sempre allo Shakhtar (che è per lui una casa, oramai), dopo tanti anni con Lucescu si confronta con Darijo Srna.

Nicolini
Fonte immagine profilo uff Shakhtar

 

 

Carlo, lei che ha vissuto a lungo il calcio turco, si aspettava qualcosa di più dalla partita con l’Italia?

Onestamente sono rimasto deluso dall’atteggiamento della Turchia, proprio perché la conosco bene. La squadra può vantare giocatori di esperienza in vari top club europei, con un ottimo tasso tecnico,  e quanto meno mi aspettavo che avessero studiato un modo per contrastare bene gli Azzurri.

Nel primo tempo in parte ci erano anche riusciti, poi è arrivato l’autogol che ha fatto da spartiacque e l’Italia ha trovato la chiave della vittoria soprattutto con le dinamiche di Spinazzola e Berardi.

La cosa che mi ha stupito maggiormente in negativo è che, dopo la rete, non ci sia stato un “piano B”, quasi come se la partita non fosse stata preparata al meglio o come se fossero stati colti di sorpresa.

Confido tuttavia nella qualità della Nazionale turca e soprattutto, sapendo che la prossima è una partita da dentro/fuori, nel carattere che sa tirare fuori in queste circostanze.
Credo che insieme all’Italia sia la candidata a passare il turno.

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Fonte immagine Prof Twitter Sokaonline

Tra i giocatori di esperienza europea c’è anche Yusuf Yazici, fresco campione di Francia. Cosa ci può dire di lui?

Yazici è sotto i riflettori delle grandi squadre già da due o tre anni, era in orbita Inter ma poi non se n’è più parlato. È un giocatore di tecnica eccellente, di fantasia, (può essere un esterno alto ma anche  un numero 10), che sa abbinare la qualità alla quantità.

Giocare nel campionato francese, forse, è più facile rispetto a quello italiani: gli attaccanti turchi fanno più fatica in Serie A, sono più estrosi rispetto alla grande tattica che gli si chiede in Italia, e quindi hanno periodi di adattamento più lunghi (come visto per Calhanoglu).

Diverso il discorso per i difensori e lo abbiamo visto al Sassuolo con Demiral e con Müldür.

A proposito di Demiral, lei che lo conosce bene avrebbe immaginato questa predisposizione agli infortuni vista quest’anno alla Juventus?

Cerco di mettermi nei panni del ragazzo per provare a dare una chiave di lettura.
Demiral nella stagione disputata al Sassuolo non ha avuto grossi problemi e ha convinto tutti. Il giovane è arrivato alla Juventus con delle aspettative ma effettivamente ha trovato pochissimo spazio.

Conoscendolo, e conoscendo la sua tendenza a “strafare” per conquistarsi un posto, questo potrebbe aver influito sul suo benessere fisico, esagerando anche con i carichi di lavoro.

Purtroppo ci sono situazioni in cui anche la psiche può condizionare il rendimento (anche fisico) e per quello che posso intuire Merih si aspettava di giocare di più, anche perché con lui e de Ligt la Juventus si era assicurata una coppia di centrali fortissima e giovanissima.

Passiamo ora all’Ucraina, che ci positivamente impressionato contro l’Olanda. Che tipo di Nazionale è e che tipo di allenatore è Andrij Ševčenko?

Il calcio ucraino è un calcio emergente, molto fisico. Un po’ meno tecnico rispetto a qualche anno fa, anche se il livello si mantiene comunque buono. Non dimentichiamo che l’Ucraina ha conquistato gli ultimi Mondiali Under 20 (nel 2019, ndr.).

Alcuni elementi li conosciamo molto bene, come Ruslan Malinovskij, che ha dato modo di mostrare tutto il suo valore: e ancora può migliorare nella mani di Gasperini, secondo me è anche più forte di Gomez…

Ševčenko ha saputo scegliere un ottimo gruppo di lavoro (tra cui Tassotti) e sicuramente porta la sua lunga esperienza da giocatore e il fatto che i ragazzi darebbero tutto per lui che è una sorta di leggenda vivente in Ucraina.

È una squadra di carattere e ambiziosa, lo abbiamo visto proprio contro gli olandesi: mi auguro possa riservarci qualche bella sorpresa.

Parliamo di Yarmolenko…

Yarmolenko è un leader. Un talento incredibile, fisico, aggressivo, che dalla Dinamo Kiev al West Hai ha fatto bene ovunque. È il secondo marcatore di tutti i tempi della Nazionale.

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Si tratta di un giocatore che ha bisogno di sentirsi al 100% della condizione fisica, un po’ come tutti gli ucraini. Nella scorsa hanno dato l’impressione di stare bene e anche questo è un punto a loro favore.

Come è accolto allo Shakhtar Donetsk il “nostro” Roberto De Zerbi?

Con grande entusiasmo, come è giusto che sia.

Qui in Ucraina siamo stati bravi a prenderlo al momento giusto perché la sua mentalità da vincente si sposa con i desideri del club che vuole tornare a vincere. Le sue idee di calcio sono quelle che si sposano di più con le ambizioni di qui.

Non capisco, piuttosto, come mai nessuno in Italia sia stato disposto a scommettere su un allenatore che ha già dimostrato di essere capace… Peccato non aver avuto più coraggio.

Al Sassuolo ha saputo dimostrare un lavoro importante e del resto nella crescita di Manuel Locatelli si vede sicuramente la sua mano.

A proposito di Locatelli: è pronto per il salto alla Juventus, se veramente l’operazione dovesse andare in porto?

Locatelli è pronto perché ad ogni modo viene da un club dove gli è sempre stato chiesto il massimo, di vincere. Non ci dimentichiamo che ha comunque un’esperienza anche al Milan sebbene non ai livelli del Milan di una volta.

Tuttavia io credo che Manuel Locatelli andrà alla Juventus solo se sicuro di avere centralità nel progetto e non per essere la solita riserva. E sarebbe giusto così: in Italia dobbiamo imparare a puntare sui giovani, a correre il rischio. Inutile rimandare sempre.

Abbiamo visto quello che è accaduto con Domenico Berardi: piuttosto che andare alla Juve e non giocare ha preferito fermarsi al Sassuolo. Una scelta di carattere.

Volevo chiederle, a proposito della Nazionale italiana, di Jorginho. Io penso che sia un giocatore che esalta la squadra senza aver bisogno di mettersi in mostra…

Hai centrato perfettamente il punto e te lo spiego con i numeri.
A parte il fatto che Jorginho e Barella farebbero la felicità di qualsiasi allenatore, il centrocampista del Chelsea, nella partita con la Turchia, è stato quello che ha toccato più palloni, che ne ha persi meno e ha fatto più passaggi utili.

Se hai uno così, normale che l’avversario vada in difficoltà, perché è lui che dirige la partita.

Il migliore in campo in assoluto, più di Spinazzola e Berardi. E questo senza essere appariscente, perché a lui importa che sia la squadra a apparire.

Jorginho
Fonte immagine pag Twitter Nazionale Italiana

Cosa diciamo dell’Italia?

Per me, lo dico onestamente, l’Italia arriva tra le prime quattro.
I ragazzi sono compatti, fanno gruppo, non hanno prime donne: ci possono sorprendere.
Li troveremo in semifinale e chissà, forse anche in finale.

Ah, come nel 2012, insomma. Magari senza prendere 4 gol dalla Spagna però…

Magari. Sarebbe meglio, sì ( ridiamo, ndr.).

 

Daniela Russo