Eugenio Fascetti, l’allenatore camaleontico
E’ stato un allenatore senza peli sulla lingua, appassionato e sui generis con un metodo preciso: allenamenti differenziati, psicologia, volontà di salvaguardare l’estro e la personalità dei singoli giocatori e un libero in grado di costruire gioco.
Soprattutto Eugenio, detto Neno, Fascetti è stato scopritore di talenti come Antonio Cassano che ha seguito nel suo debutto nel Bari conducendolo sino alla massima serie.
Un personaggio tra i più amati del calcio del nostro Paese, artigiano della panchina come spesso si è definito, amante del dribbling più che del pressing, che nasce però centrocampista e ancora prima apprendista del pallone sulle spiagge della Versilia.
Era infatti un bambino quando sfidava gli amici sul lungomare, e imparando ed affinando la tecnica del calcio sulla sabbia anche grazie all’imprevedibilità dei rimbalzi su quel tipo di terreno.
Al calcio sui campi tradizionali arriva reclutato dal Pisa (che preferisce al Viareggio, come dirà, per la similitudine di colori con il suo adorato Inter), per poi passare al Bologna e arrivare alla Juventus.
Con i bianconeri – sono gli anni di Boniperti e Sivori- Fascetti è un buon giocatore e vince lo Scudetto della stagione 1960 – 61.
In seguito vestirà la maglia della Lazio per chiudere la carriera da calciatore con il Viareggio, squadra della sua città d’origine.
La sua carriera da allenatore inizia nel 1970
Tra i suoi successi più noti la promozione in Serie A nella stagione 1984 – 85 del Lecce; l’anno successivo sempre alla guida dei salentini retrocessi in B sconfigge la Roma all’Olimpico per 3 – 2 facendo perdere lo scudetto ai giallorossi che andò alla Juventus.
Nella stagione 1986 – 87 entra nel mito dei laziali quando rischiando la serie C, nella partita Lazio – Vicenza, a otto minuti dalla fine il gol di Fiorini e il boato immenso dello Stadio Olimpico sanciscono la salvezza; l’anno successivo sempre con lui in panchina la Lazio ritorna in Seria A.
In qualità di allenatore, Fascetti ha ottenuto cinque promozioni in Serie A (oltre al Lecce e alla Lazio, con il Torino nel 1989 – 90, con il Verona la stagione successiva e con il Bari nella stagione ’96 -’97).
Un risultato non da poco per lui e la sua idea di “squadra camaleontica” in grado di giocare sull’effetto sorpresa di mosse inattese.
Silvia Sanmory
(Immagini tratte da lagazzetta.com)