Se la Juventus sarà colpevole, non sarà la sola.
Tuttavia ho fiducia nella magistratura.
L’idea innovativa (almeno in Europa) della Super Lega ha suscitato diverse reazioni nell’ambiente. L’Uefa si è ribellata citando a giudizio tre dei club fondatori, i quali al contrario hanno avuto ragione dal tribunale di Madrid il quale ha sentenziato che la fondazione di una nuova competizione fuori dall’organo istituzionale non è reato, anzi è compatibile con la libera concorrenza. Possibile che qualunque idea nuova sia presa sempre nel peggiore dei modi e si gridi costantemente al tradimento o peggio al complotto?
In realtà il boicottaggio della Superlega, che premetto era un ottimo progetto, non è arrivato dall’ Italia bensì da fuori, precisamente dall’Inghilterra.
Mi ha colpito molto la coesione dei capi di Stato compreso l’ex premier Draghi, la cui reazione ha fomentato una ribellione popolare. E’ stato un peccato, ma è altresì vero che per tradizione siamo restii a qualunque forma di innovazione.
Il calcio italiano è diventato brutto e noioso. La Serie A è sempre meno interessante e la nostra Nazionale non partecipa al Mondiale di calcio da due edizioni. Una vera e propria decadenza di risultati ma anche di talenti tra allenatori e calciatori. E’ il risultato di una mentalità che si ostina a non voler cambiare?
Più’ che una mentalità, è la necessità di ottenere risultati immediati che condiziona il modo di pensare ed operare nel settore. Una condizione che deriva dalle esigenze economiche che accomunano i club italiani. Al punto in cui si è arrivati è difficile auspicare un cambiamento di approccio, nessuno sarebbe disposto a fare un passo indietro.
In Italia c’è una certa diffidenza nei confronti dell’utilizzo dei giocatori molto giovani nelle serie principali. Contrariamente al resto dell’Europa ove non hanno pregiudizi nei confronti dei giovanissimi. Crescono direttamente sul campo diventando dei Campioni. I giovani talenti italiani invece vengono spediti all’estero. Perché tutta questa diffidenza? Secondo lei gli allenatori italiani non credono nei giovani?
L’urgenza dei risultati condiziona il vivaio quindi la crescita dei nuovi talenti. Gli allenatori si trovano tre l’incudine e il martello, nel dover soddisfare le esigenze aziendali a scapito della crescita dei giovani che, però, compromette la qualità della Nazionale.
Si tenta di prendere esempio dalle altre realtà europee le quali sono riuscite a diventare autosufficienti quindi a sostenersi creando business intorno al marchio. In Italia si prova, ma non si riesce perché purtroppo si spende di più di quello che si ricava. Come dovrebbero fare i club per raggiungere questa indipendenza economica?
Considerato che il fair play finanziario non ha funzionato, poiché ci sono dei club (per citarne uno, il Paris Saint Germain) che pur di avere ciò che vuole non bada a spese, questo atteggiamento si riflette automaticamente sugli altri gruppi con meno possibilità.
Non è facile trovare una soluzione
se tutti non osservano le stesse regole.
Lei è stato in passato tifoso della Roma: come prendeva suo zio, l’Avvocato Gianni Agnelli primo tifoso della Juventus e profondo conoscitore di calcio, la sua passione? Ci scherzavate su?
Non è esatto. Sono cresciuto a Roma, e per me è naturale avere simpatia per Roma e Lazio. Ma, alla fine, sono felice quando vince la Juventus.
Il calcio odierno non riesce ad appassionarmi, sono affezionato al calcio di quando ero ragazzo:
per me la Juventus era quella di Charles, Sivori, Nicolè …
Il concetto attuale in cui il calciatore scende dall’aereo privato è lontano dall’idea che avevo dei calciatori. Anche se mi rendo conto che i tempi sono cambiati e lo Star System prevede anche questo.
Dottor Rattazzi, parliamo di sua madre Susanna Agnelli, una donna eccezionale che ha rappresentato un esempio per tutte le donne. Ammirevole l’impegno politico nei confronti della condizione femminile e della protezione delle categorie più deboli. Seguiva il calcio o era appassionata di altri sport?
Mia madre non era interessata al calcio, ma nei primi anni ’60 (era l’epoca in cui si seguivano le partite attraverso le radioline con il “Calcio minuto per minuto”) ero insieme a mia madre quando apprendemmo che la Juventus aveva vinto lo scudetto, esultammo insieme.
Per concludere dottor Rattazzi, qual è secondo lei, il paese con il modello politico al quale vorrebbe che l’Italia si ispirasse?
Tutti i paesi hanno dei problemi, osservando i disordini in Francia o in Israele, l’Italia sta vivendo un periodo di stato di grazia in merito all’economia.
C’è una solida maggioranza politica che ha tutte carte in regola per far funzionare il paese. Dovrebbe esserci più coesione tra forze politiche. Auguro a questo governo di durare e di lavorare bene.