Mentre dall’altra sponda del Tevere si festeggia la sesta vittoria consecutiva, a Formello lo scenario è esattamente l’opposto: la Lazio si trova a ben 10 punti dal Milan, abbandonata dai suoi tifosi e senza nemmeno gol. Solo nell’ultimo periodo, cinque match su 6 infatti sono terminati senza reti dei biancocelesti.
La sconfitta casalinga contro il Sassuolo è il triste epilogo di una squadra inesistente. E’ ormai troppo tardi risorgere dalle proprie ceneri? Ne parliamo con il giornalista di Sky Sport, Francesco Tomei.
Dopo i fasti in Europa League, la Lazio è ritornata alla realtà: una realtà umiliante, brutale, una realtà penosa. Concediamo ancora qualche alibi o dopo la partita di ieri sera è davvero il caso di dire basta?
Una stagione che nasce con il mancato rafforzamento di un gruppo, reduce da un meraviglioso campionato e con la prospettiva Champions all’orizzonte, è una stagione che difficilmente può finire bene. La partita contro il Sassuolo è stato solo l’ennesimo esempio dell’incapacità della squadra di essere presente a se stessa. Le possibilità di effettuare quella rimonta della quale Pioli parla ormai da più di due mesi sono azzerate e, pensare di poter affrontare la fase finale dell’Europa League staccando completamente la spina in campionato, è un errore che i biancocelesti rischiano di pagare, a livello di tenuta mentale.
Ci si chiede sempre, dopo ogni partita da dove bisognerebbe ripartire, per fare meglio la volta dopo…in casa Lazio piuttosto la domanda è… da dove NON bisogna ripartire…
Il punto è esattamente questo: una squadra che non dà segnali di presenza, che non garantisce la tenuta atletica per 90 minuti, che è sfilacciata in campo e non si aiuta, che certezze può dare? A oggi la risposta è piuttosto netta: nessuna. Quando la bufera ti schiaffeggia la faccia, non serve rimanere a petto in fuori: puoi solo abbassare la testa e aspettare che passi.
Anche i trascinatori dello scorso anno, vedi Felipe, sono solo una copia sbiadita, non ci sono più. Un calo dovuto anche alla voglia (repentina) di andare già via?
I giovani calciatori, a meno che non si parli di Maradona e di pochi altri immortali, hanno un costante bisogno di essere stimolati. Di sentirsi parte di una macchina che funziona e che vuole arrivare da qualche parte. La Lazio di quest’anno, ma più in generale la Lazio degli ultimi anni di Lotito, ha sempre palesato la mancanza di una prospettiva, a breve e a lungo termine. Credo che più della voglia di andar via, tra i giocatori stia pesando la voglia di normalità. La normalità nei rapporti con la dirigenza, la normalità nei rapporti con i tifosi, la logica normalità di una squadra che, con un piccolo sforzo, quest’anno si sarebbe potuta giocare i primi posti in classifica.
Mauricio inizia a essere davvero una bella gatta da pelare…
Con De Vrij a fianco, lo scorso anno Mauricio sembrava un buon giocatore. Il problema è sempre a monte, il calcio non è un’equazione perfetta: sui calciatori, e su un uomo di 25 anni in generale, pesano tante variabili e aspettarsi dal brasiliano lo stesso rendimento del campionato scorso è stato un grande errore. Errore ingigantito a gennaio, quando invece di correre ai ripari sul mercato si è puntato su Milan Bisevac, buon giocatore ma tutt’altro che affidabile dal punto di vista atletico.
Bella in Europa, inesistente in campionato: come te lo spieghi?
Squadre di livello mediamente simile a quello della Lazio, un approccio alla partita diverso rispetto al campionato – dove il bisogno spasmodico dei tre punti condiziona, inevitabilmente, le prestazioni – e poi il discorso legato agli stimoli. Questo è un gruppo di calciatori che ha, o meglio aveva, l’ambizione di crescere insieme. Il picco di entusiasmo raggiunto lo scorso anno, dopo la trasferta vittoriosa di Napoli, è stato smantellato nel giro di poche settimane. Per le responsabilità degli stessi calciatori, che non sono stati in grado di gestire un momento così storicamente importante, e per le responsabilità di cui ho parlato in precedenza della società.
E’ arrivata l’ora per Lotito di mettersi da parte?
Lotito non può mettersi da parte, semplicemente perchè è il proprietario della maggioranza delle azioni della S.S. Lazio spa. Ma, dopo 12 anni di gestione, è arrivato il momento di parlare della sua esperienza alla Lazio con estrema sincerità: ciclicamente la squadra fa un ottimo campionato, non viene rinforzata, e ricade nella depressione insieme ai propri tifosi. Dopodichè, con la classifica che si fa sempre più brutta, si corre ai ripari e si ricompone un’ottima squadra. E così via, in un loop che sta facendo malissimo a tutto il mondo Lazio. La scalata di Lotito ai piani alti del Palazzo è stata lanciata da tempo, ormai. Quello che manca è la stabilità della Lazio tra le grandi del calcio italiano. Dopo 12 anni di gestione, non esser stati in grado di mantenere – o non aver voluto – un buon livello di competitività, è il più grande problema che il presidente dovrà risolvere. Anche se, ormai, l’immaginario medio del tifoso biancoceleste vede Lotito irrimediabilmente lontano dai destini della propria squadra. Di questo, il presidente, è ora che cominci a prenderne atto.
Il futuro di Pioli dipende dall’Europa League?
Altra ciclicità, quella legata agli allenatori. Anche con Pioli sembra di vedere lo stesso film visto già in precedenza: ottima annata, nessun rinforzo, campionato scadente e scarico delle responsabilità sulle spalle del mister. Il suo futuro non è legato all’Europa League ma credo che, da entrambe le parti, la voglia di proseguire insieme sia – eufemisticamente parlando – piuttosto bassa.
Giusy Genovese