Continua lo scontro tra la federazione americana e le calciatrici statunitensi
Da tempo, ormai, la US Women’s National Team e la Federcalcio americana discutono riguardo la parità di retribuzione tra nazionale maschile e femminile.
La guerra dell’equal pay è cominciata l’anno scorso, prima del Mondiale francese -vinto dalle ragazze a stelle e strisce- quando le giocatrici chiesero ufficialmente di essere equiparate nei compensi ai maschi.
Il calcio femminile è peggiore di quello maschile.
Secondo la federazione americana, le calciatrici della US Women’s National Team non meriterebbero di essere pagate quanto i colleghi in quanto non svolgerebbero lo stesso lavoro (“equal work”).
“Il calcio maschile e femminile richiedono livelli diversi di alcune abilità fisiche” si legge nel comunicato della Federazione e conclude: “La legge non garantisce la parità di retribuzione tra uomini e donne che svolgono lavori diversi” e, siccome la FIFA non prevede squadre miste, il calcio in rosa e quello praticato dai maschi, di fatto, per la USSF sono due cose diverse.
La US Soccer afferma che “bisogna riconoscere che il calcio internazionale maschile e femminile richiedono livelli diversi di alcune abilità fisiche fondamentali centrali nel gioco (ad esempio, velocità e forza), motivo per cui la FIFA richiede squadre separate per uomini e donne in primo luogo, e nessuno sta discutendo del fatto che questa separazione basata sul sesso, progettata per garantire alle donne un’equa opportunità di giocare e competere, è illegale (come sarebbe in quasi ogni altra circostanza)”.
Paradossale è stato l’atteggiamento degli avvocati della Us Soccer che hanno cercato di convincere le giocatrici della Uswnt ad ammettere che le donne sono più lente e più deboli rispetto agli uomini e quindi peggiori nel giocare a calcio.
Insomma, pare lontana una qualsiasi possibilità di mediazione tra le calciatrici e la Federazione. Tutto, dunque, rimandato al processo che prenderà il via il prossimo 5 maggio e che vedrà le due parti in un’aula di tribunale.