Era questo Enzo Bearzot: storie di calcio che diventano storie di vita, storie di uomini che diventano eroi.
Soprannominato bonariamente “vecchio“, Bearzot è l’allenatore con più presenze sulla panchina della Nazionale Italiana, ben 104. Ed ogni partita dell’Italia di Bearzot, nel bene e nel male, era un’emozione unica.
Sarebbe facile ma decisamente riduttivo parlare degli insegnamenti appresi da Nereo Rocco o delle tattiche vincenti prese in prestito da Trapattoni. La verità è che per Bearzot il calcio non è mai stato solo questione di calcio.
Al momento delle convocazioni per la sua Italia veniva sempre prima l’uomo e poi il calciatore.
Questo suo modo di essere, brutalmente onesto e fedele alle proprie idee, non sempre ha attirato le simpatie del grande pubblico.
Ma come direbbe un suo collega dei giorni nostri, agli uomini forti i destini forti.
Stiamo parlando dell’uomo che alla storica Coppa del Mondo del 1982 scelse di portare Paolo Rossi, reduce da due anni di squalifica, piuttosto che il capocannoniere del campionato Roberto Pruzzo.
Accusato di favorire gli atleti della Juventus, Bearzot si chiuse insieme ai suoi ragazzi in silenzio stampa per poi sorprendere tutti con le notti magiche spagnole che portarono alla conquista del titolo.
Bearzot non metteva sotto i riflettori i singoli quanto il gruppo, sempre compatto sotto la sua guida, anche nei momenti più difficili.
Voleva una squadra di uomini degni di indossare la casacca azzurra, un gruppo di persone pronte a lavorare per un obiettivo comune, questa era la priorità per Bearzot, che non ha mai dato contentini alla stampa.
Ai tifosi, ecco, a loro sì che teneva ed erano gli unici con cui Bearzot credeva di doversi giustificare.
“Ricordo che dopo le partite si fermava a parlare con i tifosi, spiegava le sue scelte, parlava di calcio, spesso rischiava di farci perdere il volo, allora mi toccava scendere dal pullman per portarlo su e partire” – Dino Zoff.
Bearzot non è stato solo il calcio, è stato l’Italia. È stato uno dei protagonisti del ‘900 italiano, l’incarnazione di quel romanticismo sportivo che solo noi italiani possiamo comprendere.
Perché come spieghereste l’amore se non con l’immagine di Enzo Bearzot che gioca a scopone con Sandro Pertini dopo il trionfo alla Coppa del Mondo?
Federica Vitali