Emozione, sofferenza, tifo. Sono queste le tre parole che rappresentano “il mio Mondiale”, un evento che si ripete ogni quattro anni e che è sempre come la prima volta. Ogni partita per me è un’avventura, mi fa ridere, piangere, gioire a ogni azione, a ogni errore, a ogni gol. Molti pensano che il Mondiale sia solo una competizione calcistica, ma si sbagliano. Il campionato del mondo riesce a unire una nazione, quando gioca la nostra nazionale non ci sono più differenze, credo calcistico o qualunque cosa che normalmente ci rende diversi dagli altri. In questi momenti siamo tutti italiani, uniti sotto un inno e un’unica bandiera, il tricolore che sventola prepotentemente non solo fuori dai locali e sui balconi delle case, ma anche nei nostri cuori.
Io lo sento in modo particolare il mondiale, perché sono nata all’estero da genitori italiani e mi sento italianissima! Lo aspetto sempre con ansia e quando arriva è sempre una festa. Anche in Venezuela, il paese dove sono nata, il mondiale è seguitissimo dai numerosi italiani che vivono lì ma che l’Italia la portano nel cuore. Purtroppo il Venezuela non partecipa ai mondiali ed è strano perché in tutti gli altri paesi del Sud America il calcio è una religione e le squadre sono fortissime. Il Venezuela invece è più “americano” e va fortissimo nel baseball. Mi piacerebbe per una volta poter vedere la nazione che mi ha dato i natali partecipare a questa competizione. In un periodo dove le differenze di religione, culto e provenienza fanno da padroni, si riscopre un patriottismo che riprende forza e le parole dell’Inno di Mameli cantate a squarciagola dimostrano quanto grande sia il nostro amore per il nostro paese, in Italia e in ogni parte del mondo dove sono presenti italiani. La mano sul cuore non è solo un gesto simbolico, un rito, ma esprime il desiderio di fare parte di questa grande Nazione.
Quando vedo giocare l’Italia in televisione e nei maxi schermi installati per l’occasione nei locali, all’esecuzione dell’inno tutto si ferma, esiste solo una massa di persone in piedi a cantare e l’emozione aleggia nell’aria. È bellissimo stare tutti insieme a commentare le azioni, gli errori e le prodezze di questo o quel giocatore, sentirci tutti allenatori esprimendo idee sul modulo da schierare e sulla formazione in campo. Quando poi la nostra nazionale perde e siamo tristi ed arrabbiati ecco che arriva un amico, magari triste e arrabbiato anche lui, ma stando insieme si riesce a scherzarci su e torna il sereno. Questa è la magia del calcio ed è per questo che lo amiamo tanto.
Io abito in una cittadina sul Lago Maggiore, un paese tranquillo che per la vittoria dei mondiali del 2006 si è trasformata. Da sempre è il punto di riferimento per i festeggiamenti dei tifosi che si ritrovano qui per festeggiare le vittorie della propria squadra. Nel 1982 ero troppo piccola per festeggiare nelle strade, ma nel 2006 ho potuto dare sfogo a tutta la mia gioia per la vittoria dei nostri meravigliosi ragazzi. In un posto di lavoro dove ho lavorato molti anni fa, quando ha giocato la nazionale, la nostra responsabile ci ha dato un permesso per andare con lei al bar di fronte a vedere la partita! Sono passati tanti anni ma sembra ieri. Adesso rieccoci qui, dopo la delusione del 2010 a crederci di nuovo e sono sicura che se anche i nostri azzurri ci crederanno, l’Italia potrà farcela.
Barbara Roviello Ghiringhelli