Emiliano Moretti, il momento di dire basta

In 21 anni di carriera, Emiliano Moretti ha vissuto tutto il bello e il brutto del calcio: gavetta, infortuni, esperienza all'estero, trofei conquistati. Con il Torino ha imparato cosa significa diventare simbolo di una squadra

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Dopo vent’anni da professionista e 600 presenze in Serie A, Emiliano Moretti ha deciso di dire basta.

Al Torino da sei stagioni, dopo aver indossato le maglie di FiorentinaJuveModenaBolognaValencia e Genoa, ha annunciato in conferenza stampa il suo addio al calcio.

Il difensore, che compirà 38 anni il prossimo 11 giugno, domenica contro la Lazio giocherà la sua ultima partita.

Mancino naturale, nasce come terzino di fascia sinistra, ma in carriera è stato spesso impiegato come difensore centrale.

Inizia a giocare a calcio con la maglia della Lodigiani. Con la squadra della Capitale compie tutta la trafila delle giovanili e ha modo di capire cosa significa conquistare un titolo quando vincerà lo Scudetto con la Berretti.

Sempre con la Lodigiani un altro step importante nella vita di un giovane calciatore: fa il suo esordio in Serie C.

Ha appena 17 anni quando lascia la sua città, Roma, per trasferirsi alla Fiorentina.

L’esordio in Serie A arriva con la maglia viola

E’ il 31 marzo del 2001, la gara è Vicenza-Fiorentina.
Scenderà ancora in campo altre 8 volte, e a maggio arriva anche la vittoria della Coppa Italia.
L’ultima stagione in viola (2001-2002) Emiliano ha soli vent’anni ma fa parlare di sè come uno dei difensori dalle prospettive più interessanti tant’è, viene acquistato dalla Juventus. 

Con i bianconeri arriva l’esordio in Champions League (24 settembre 2002) e a maggio conquista una Supercoppa Italiana

Troppo giovane o comunque chiuso da difensori del calibro di Ferrara, Montero, Thuram,  Pessotto, Zambrotta, trova poco spazio così arrivano i prestiti a Modena (da gennaio a giugno del 2003) e poi al Bologna (stagione 2003-2004).

Con i felsinei avrà l’opportunità di essere allenato da Carletto Mazzone che gli concede spazio: Moretti non delude e disputa un’altra ottima stagione (32 presenze).

Claudio Ranieri, allenatore del Valencia, lo vuole e, nell’estate del 2004 arriva per Emiliano la Liga. Per lui sarà l’occasione per misurarsi con un altro calcio.
Ranieri lo utilizza prevalentemente come terzino sinistro e, nonostante la concorrenza, questa volta Moretti riesce ad imporsi come titolare diventando un elemento imprescindibile per gli spagnoli.

Con il Valencia 5 stagioni da grande

Arrivato in Spagna nel 2004, vestirà la maglia del Valencia fino al 2009. In cinque stagioni Emiliano vivrà di tutto: crescita, infortunio, rinascita, successi, emozioni.

Nel 2006 si procura un grave infortunio al legamento collaterale del ginocchio che lo costringe a tre mesi di stop. Nonostante l’infortunio, quella stagione resterà una delle migliori a livello personale e di squadra: gli iberici e Moretti raggiungeranno i quarti di finale della Champions League, sconfitti dal Chelsea.

Il difensore è protagonista anche nelle stagioni successive in cui ormai è titolare inamovibile.

Il ritorno in patria

Dopo 172 presenze e 4 reti con il club spagnolo è tornato in Italia per mettere in campo la sua esperienza acquisita e misurarsi, ormai adulto e cresciuto, nuovamente con la Serie A.

Vestirà la maglia del Genoa per quattro stagioni poi passerà al Torino.

Con i granata il coronamento della carriera

Moretti arriva sotto la Mole con un bagaglio d’esperienza ormai ricco e una carriera che molti bollavano come sulla via del tramonto: ha vestito tante maglie, ha giocato all’estero, ha vinto trofei ma ancora non aveva capito cosa potesse significare instaurare con una piazza e una maglia un legame speciale.

Ha fatto ricredere gli scettici e negli anni è diventato un simbolo granata: nella scorsa stagione è divenuto il calciatore con più presenze in granata nell’era Cairo.

In 21 anni di carriera, “il Moro” ha vissuto tutto il bello e il brutto del calcio, anche la commozione nell’appendere gli scarpini al chiodo e si è sempre mostrato umile anche quando ha dovuto ammettere a sè stesso che era giunto il momento di dire basta.