Diciannove mesi di Ancelotti al Napoli, un divorzio che sa di amaro dopo la qualificazione agli ottavi di Champions League e l’inizio dell’era Gattuso.
Alla fine ottavi furono… Alla fine esonero fu… Alla fine Gattuso fu…
In sintesi potrebbero essere queste le ultime ore in casa Napoli.
A più di un mese dal clamoroso e assurdo ammutinamento dei calciatori azzurri dopo la partita di Champions League contro il Salisburgo, si chiude l’avventura di Carlo Ancelotti sulla panchina partenopea.
Incertezze varie tra moduli messi in campo, un feeling che realmente non sembra mai essere nato tra il mister e i calciatori, i deludenti risultati a questo punto della stagione in special modo in campionato, hanno indotto il Presidente Aurelio De Laurentiis a decidere per l’esonero del pluridecorato “Leader calmo”.
Al suo posto, un suo allievo, forse quello più vicino al suo pensiero ma con un temperamento da guerriero spartano.
Gennaro Ivan Gattuso, Rino, “Ringhio”, centrocampista poderoso, Campione del mondo con la Nazionale azzurra nel 2006, vincitore col Milan in Italia e in Europa, allenatore dagli inizi non proprio costantemente positivi.
Sarà lui a provare a riportare in alto il Napoli, a farlo uscire dal buio in cui sembra calata la squadra sin dalle prime battute del campionato. Si ripartirà dalla qualificazione agli ottavi di Champions League, ma tutti avranno tutto da dimostrare.
Si, perché quello che fino a poco tempo fa sembrava un gruppo unito e compatto che marciava verso gli obiettivi indicati dal tecnico ad inizio stagione è stato messo a nudo nelle sue debolezze, limiti, caratura e personalità. Dopo la rivolta contro il ritiro dello scorso 5 novembre, la spaccatura nello spogliatoio, gli schieramenti creatisi all’interno dello stesso, le tensioni tra la rosa, il mister e la società, hanno fatto BOOM!
Campionato compromesso, un settimo posto che spaventa tutti per la lontananza dalla zona Champions, una tifoseria che o contesta o diserta per la delusione cocente derivata da tutte le ultime vicende…
Ancelotti, al netto degli errori tecnico-tattici commessi soprattutto nell’ultimo periodo, ha sempre mantenuto una calma, una professionalità ed una educazione fuori discussione. Dopo l’increscioso ammutinamento è parso l’uomo giusto per fare da tramite tra i giocatori riottosi e i vertici della società, affinchè si trovasse la quadra per non perdere di vista gli obiettivi stagionali.
Quali siamo stati i reali motivi di questo braccio di ferro, francamente giudicato inaccettabile da una buona parte della tifoseria, della stampa e perfino dagli abituali detrattori della società, probabilmente non si sapranno mai. Quei malumori sono irrimediabilmente finiti in campo ed hanno decretato l’attuale, negativa condizione in cui versa la squadra azzurra nella classifica di Serie A.
Le colpe, è stato già detto, sono divise tra gruppo, mister e vertici societari ma ad oggi paga solo Ancelotti lo scotto. Gli ammutinati, al netto delle loro scintillanti vite, del lavoro profumatamente pagato, e delle prese di posizione da bambini viziati modello asilo Mariuccia, quasi certamente pagheranno poi (oltre alle multe) la rivolta post Salisburgo.
A oggi parte Carletto con tanti rammarichi, inutile nasconderlo.
A lui si deve riconoscere un merito: aver dato modo, involontariamente, di valutare l’effettiva caratura della squadra. Buoni giocatori, non fuoriclasse, molto sopravvalutati durante l’era Sarri, “normalizzati” in quella dello stesso tecnico emiliano.
Allora ciao Carletto, grazie per i modi garbati con cui ti sei posto verso questa realtà così coriacea che tanto da quanto toglie. Buona fortuna.
A Rino Gattuso buon lavoro, buona resistenza e se sarà necessario, ci si augura che non si risparmi sulle “ringhiate”.
Simona Cannaò